La rivoluzione surrealista dello sguardo: il Phest inaugura a Monopoli Man Ray

Il Phest apre ufficialmente i giochi. Dopo la fortunata inaugurazione di venerdì sera a Monopoli, nel barocco settecentesco di Palazzo Palmieri – che ha riscosso successo e una smisurata partecipazione del pubblico – ieri si sono aperte tutte le altre esposizioni della grande rassegna di fotografia, arti visive e contemporanee. Tra queste, la più attesa, quella dedicata a Man Ray “La révolution du regard”, nel castello Carlo V. Alle 12 è stata Lia Durante, dell’archivio storico della Biennale di Venezia, a condurre i presenti tra i seducenti scatti del fotografo surrealista.

La rivoluzione di Ray

Una rivoluzione dello sguardo la sua, che punta a superare il dato oggettivo dell’immaginazione, oltrepassando ogni forma decadente della banalità del quotidiano. Il perno, che potremmo quasi definire ossessione, della fotografia di Man Ray sono le apparizioni misteriose, perturbanti. Incorporee. Una delle tecniche di cui il fotografo è stato pioniere è quella della Rayografia. Fotogrammi ottenuti senza l’utilizzo della macchina, ma con la sola esposizione di un oggetto a contatto con la carta fotografica in camera oscura. La stessa tecnica utilizzata dall’artista nella realizzazione dei suoi cortometraggi.

Prendendo ad esempio il suo “Le Retour à la Raison”, quello che appare sullo schermo sono una serie di immagini astratte realizzate mediante il contatto della pellicola con oggetti: spille, chiodi, puntine da disegno. Poi la tecnica dell’illuminazione notturna fa apparire la scritta “Dancer”, creata con il fumo di una sigaretta; e ancora l’immagine del corpo nudo della modella Kiki de Montparnasse, su cui vengono proiettate le ombre dei ricami di una tenda. Kiki de Montparnasse, la modella, la compagna.

Il suo corpo compare in numerosi scatti dell’artista surrealista, anche ricorrendo a manipolazioni grafiche e pittoriche, come nel caso di “Le violon d’Ingres”. Servendosi di un manichino, l’artista trasfigura il corpo, lo ridisegna, come fosse macchina inanimata. Un burattino, il cui viso è sostituito da maschere e un’idea socialmente e culturalmente manipolata. In uno dei ritratti di Kiki di Montparnasse, il volto pallido della modella appare disteso e sognante, occhi chiusi, accanto a una maschera nera. Quasi una sostituzione: il feticcio che diventa surrogato del reale.

La proiezione

Nella seconda stanza della mostra uno spazio riservato a una proiezione. È l’estate del 1937, Man Ray e la sua compagna Ady Fidelin incontrano un gruppo di amici all’Hotel Vaste Horizon, nel villaggio di Mougins. Con loro il poeta Paul Eluard, Roland Penrose, Picasso e Dora Maar. Man Ray riprende gli amici con la cinepresa, cotruendo un docufilm, evocando le settimane di un gruppo di amici alla ricerca di piacere e libertà. Di felicità estiva. 50 minuti circa, per immergersi nel mondo di Mr Ray

Parla il direttore artistico


I curatori dell’esposizione sono il giornalista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, Roberto Lacarbonara e Giovanni Troilo, fotografo, regista e direttore artistico del Phest. «Siamo una macchina organizzativa complessa. Abbiamo scelto il tema del “sogno” come terreno comune, nuovo, inviolato, intorno a cui costruire una nuova identità condivisa. Abbiamo 33 mostre, siamo l’evento fotografico più grande d’Italia. Cerchiamo di proporre al pubblico opere di artisti incredibili, creando spazio e opportunità per gli emergenti. Celestino Marco Cavalli è uno di questi, lui è incredibile», le parole di Troilo, che ha poi rivelato il suo sogno per la prossima edizione del Phest. «Chi mi piacerebbe avere qui per l’appuntamento del 2025? Il “sogno”, rimanendo in tema, è Gregory Crewdson».

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