Da oggi a giovedì 9 marzo Emilio Solfrizzi sarà in scena sui palcoscenici pugliesi con “Il malato immaginario” per le stagioni teatrali 2022/23 dei Comuni di San Severo, Corato e Putignano organizzate in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese.
Il grande classico di Molière, portato in scena per l’adattamento e la regia di Guglielmo Ferro, ha già registrato il tutto esaurito in ogni tappa e toccherà, questa sera, il Teatro Verdi di San Severo (sipario ore 21.00), domani il Teatro Comunale di Corato (sipario ore 20.30) e, terzo ed ultimo appuntamento, giovedì 9 marzo il Teatro Comunale di Putignano (sipario ore 21.00).
Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”. Il malato immaginario è un ipocondriaco, ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti.
La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Molière lo scrive per se stesso, quindi per un uomo sui 50 anni.
E proprio per queste ragioni, un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato: il rifiuto della propria esistenza. La comicità di cui è intriso il capolavoro di Molière viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti.
Non manca, come nell’opera originale, il richiamo all’incompetenza e all’avidità della categoria dei medici. Argante, infatti, si circonda di medici inetti, come Diafoirus e Purgon, e di furbi farmacisti, Fleurant ad esempio, ben contenti di alimentare le sue ansie per tornaconto personale. Nella versione di Guglielmo Ferro non ci sono balli o musiche dal vivo, e tutto ruota attorno alla performance di Argante.
Ferro lascia un segno preciso nel finale, in cui Argante è solo, gli altri personaggi sono diventati marionette senza fili, unica presenza che lo accompagna. Non bisogna dimenticare che per Molière si trattò dell’ultima commedia scritta, l’ultimo palcoscenico calcato prima che la malattia (vera, purtroppo) ebbe il sopravvento.