I 400 anni della nascita di Moliere, di cui quest’anno ricorre l’anniversario, non possono che essere celebrati con una delle sue commedie più importanti e tra le più rappresentate nella storia del teatro: “Il malato immaginario” il cui protagonista, Argante è un ipocondriaco burlone che ha più paura di vivere che di morire. L’opera da domani sarà al teatro Norba di Conversano per proseguire poi in un tour pugliese che terminerà il 20 marzo. Protagonista di questa messinscena della Compagnia Moliere / La Contrada – Teatro Stabile di Trieste, il barese Emilio Solfrizzi che sarà accompagnato da Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile, Cristiano Dessì, Pietro Casella, Mariachiara Di Mitri, Cecilia D’amico e Rosario Coppolino. I costumi sono firmati nientepocodimeno che da Santuzza Calì mentre le scenografie sono di Fabiana Di Marco, le musiche di Massimiliano Pace e l’adattamento e la regia di Guglielmo Ferro. Il teatro come finzione e strumento per nascondere la realtà qui è sottolineato dal protagonista preoccupato della sua salute in una fobia senza scampo. La tradizione ha accomunato la malattia con la vecchiaia ma Moliere la scrisse per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni. Proprio per questo il grande attore barese può restituire al testo un aspetto spesso dimenticato.
Emilio Solfrizzi che cos’è la malattia per Argante, una fuga dai problemi e dalla propria esistenza?
«Ė un pretesto che gli consente di fuggire dal quotidiano, dalla realtà. Si circonda di medici compiacenti che gli confermano le sue malattie e lo curano per quelle che non esistono. Forse una ce l’ha, la depressione che è ben rappresentata anche dalla scenografia, una torre vuota con scale a spirale dove ci sono un’infinità di medicine. In pratica Argante è prigioniero di sé stesso e finisce per non vivere la sua vita».
Il testo di Moliere è anche intriso di comicità, ironia e sarcasmo. Quale di queste componenti viene maggiormente esaltata nella sua interpretazione?
«Abbiamo deciso di esaltare il lato comico e divertente perché la situazione è già angosciosa di per sé, potente al di là del testo e delle battute. Il disagio che vive il protagonista è molto forte».
“Il malato immaginario” è un’opera che ha 350 anni ma è sempre molto attuale.
«Assolutamente sì. E per renderla ancora più attuale pensiamo a quanti Argante ha prodotto la pandemia. Quante persone si sono chiuse nelle loro case per la paura di vivere. Si pensi che ad oggi ancora una buona parte delpubblico non è tornata a teatro perdendo una delle più belle abitudini. Ė la pandemia della paura che va combattuta perché bisogna continuare a desiderare di vivere la vita. Ecco perché questa commedia è così moderna».
Lei è un artista eclettico. Attore comico, drammatico ma anche regista teatrale. In quali di questi ruoli è più a suo agio?
«Ci sono delle cose che mi appassionano e mi ci butto totalmente. Superati i 50 anni mi sono fatto un regalo: faccio ciò che mi piace davvero e mi ci dedico totalmente e tra queste c’è anche la regia teatrale, come quella per “Buoni da morire”, di cui mi sono innamorato, un lavoro scritto da Gianni Clementi con Debora Caprioglio, Pino Quartullo e Gianluca Ramazzotti». Dopo la tappa a Conversano Emilio Solfrizzi sarà poi nella sua Bari dal 10 al 13 marzo al Teatro Piccinni. E considerato il successo delle vendite dei biglietti, di cui l’attore si dice emozionato per l’affetto dimostrato, è stata aggiunta una replica: domenica 13 marzo lo spettacolo sarà in scena due volte alle 18 e alle 21.30. Il tour proseguirà il 15 marzo a Francavilla Fontana, il 16 e 17 a Taranto e infine dal 18 al 20 marzo a Barletta.