Il tornare fa parte della natura umana, ce lo racconta per primo Omero nell’Odissea, il nostos paradigmatico di ogni viaggio di ritorno, ma lo sa bene anche Alfredo del Pera, scrittore, giornalista e autore del testo di Volver, il tango portato al successo nel 1934 dalla voce unica di Carlos Gardel e ancora oggi ballato dai tangueros di tutto il mondo. “Ritornare… con la fronte appassita, le nevi del tempo argentarono la mia tempia, sentire che è un attimo la vita, che vent’anni non sono niente…”, sono versi che si adattano perfettamente all’ultimo capitolo della “trilogia del tango” del Commissario Ricciardi, il personaggio più tormentato fra quelli creati da Maurizio De Giovanni, ma certamente anche il più amato.
Le radici
Dopo Caminito e Soledad, in questo romanzo che dal celebre pezzo prende il titolo, l’autore riporta il protagonista alle origini, alla sua terra natale, il Cilento, perché possa compiere un viaggio nello spazio e nel tempo, un’immersione nell’anima “alle radici del suo dolore”, alla ricerca di quella parte di sé che aveva lasciato, ma con cui è arrivato il momento di confrontarsi. Ed è arrivata anche la guerra, inesorabile e distruttiva: siamo nel 1940 ed è proprio il frangente bellico a farlo tornare a Fortino e a quel passato che avrebbe voluto dimenticare. Il suo paese, infatti, è un rifugio più sicuro per i suoceri di origine ebrea e per sua figlia Marta, lì riposa Enrica, la moglie, l’unica ragione con cui riesce a convincere la famiglia a lasciare Napoli. Ma accanto a questo primo piano narrativo se ne sviluppa un altro, perché nella città partenopea la vita, nonostante il conflitto, continua, come accade sempre nei vicoli, sorta di trincea perenne, dove resistere è un imperativo dello spirito che oltrepassa le epoche, anche quelle più buie, e si fa “un fronte comune contro il nemico”. E se il brigadiere Maione, “enorme, gioviale, irascibile espressione di umanità”, pur non riconoscendosi nella folle esaltazione degli animi che l’entrata in guerra porta, con quella realtà cittadina composita e sfaccettata, conserva sempre un forte legame, il medico Modo, “colto e fintamente cinico ma dal cuore talmente grande da renderlo fragile”, invece, si isola sempre di più, fino a consacrarsi completamente al suo ideale. Il suo processo interiore mi ha ricordato una delle massime espressioni di eroismo nella Roma antica: la “devotio”, il sacrificio di sé in battaglia.
L’amore infinito
Mentre i suoi si adattano ai ritmi della campagna, alla nuova vita nella grande villa dei Malomonte, Ricciardi ricorda Enrica. Dovrebbe ricordare i suoi primi quindici anni, i giochi, i pochi bambini che frequentava, il padre, invece, di tutta la vita trascorsa nel borgo montano, lui ricorda innanzitutto i momenti felici passati con lei, perché è lei che l’ha rimesso al mondo, lei e il suo amore infinito. “Che cosa strana è la memoria” le confida, esattamente come se fosse lì con lui. Ma quella memoria custodisce anche un luogo divenuto per lui inaccessibile, dove non è ritornato neppure con la moglie, il luogo in cui il suo dolore ha avuto inizio, è lì che deve ritornare se a quel dolore vuol dare una risposta, tardiva certo, ma definitiva. Ed è così che Ricciardi inizia quella avrebbe dovuto essere la sua prima indagine: l’uomo assassinato che trentaquattro anni prima gli era apparso nelle terre di famiglia, chi era? Qual era la sua storia? Sono passati quasi vent’anni dal primo romanzo della serie e la narrazione ha acquistato in sfumature e consapevolezza, l’intonazione si è fatta ancora più intima e il lettore viene trasportato nell’animo del protagonista sulle note malinconiche e appassionate del tango, la melodia che Livia, ora Laura Lobianco, canta a Buenos Aires.
L’epilogo
Ma “tutto scorre”, insegna Eraclito, quindi tornare non significa mai ritrovare le cose nella stessa maniera in cui si erano lasciate o si erano immaginate. Anche il commissario, come già Anguilla, il protagonista de La luna e i falò di Cesare Pavese, nel suo tornare indietro sarà chiamato ad andare avanti. De Giovanni ha dichiarato di non voler proseguire la serie oltre la seconda guerra mondiale, dunque Volver potrebbe chiuderla con una suggestiva e riuscita ring composition: il filo del racconto potrebbe passare alla figlia Marta, il cui sorriso ci fa sperare in cieli di luce e pace.