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Di confidenze e di ricordi, un romanzo per l’Arte: Alessio Rega torna come scrittore ed editore

Galeotta fu la tela per vivere l’ultima storia d’amore ‘impossibile’ per Svevo, pittore molfettese ultrasettantenne, e Anna, arpista emergente poco più che ventenne. L’uno immerso nei ricordi inappagati o nei rimpianti riemergenti alla memoria di una vita ormai verso il tramonto, l’altra, carica di adrenalina per le attese del futuro, assetata di vita e di…

Galeotta fu la tela per vivere l’ultima storia d’amore ‘impossibile’ per Svevo, pittore molfettese ultrasettantenne, e Anna, arpista emergente poco più che ventenne.

L’uno immerso nei ricordi inappagati o nei rimpianti riemergenti alla memoria di una vita ormai verso il tramonto, l’altra, carica di adrenalina per le attese del futuro, assetata di vita e di un amore che le desse solidità.

‘La tela di Svevo’, edizioni Les Flaneurs, non risolve del tutto le aspettative del primo romanzo di Alessio Rega (Giro di Vita – 2014). Sollecita il lettore, come in un giallo, ad una lettura appassionata, anche per le coloriture del sesso che accoglie nella narrazione.

Alessio ha fondato il gruppo editoriale Les Flaneurs, attivo e propositivo nella complessità dello scenario culturale barese, facendosi notare in Italia. Non solo. È parte attiva nella proposta editoriale, con una scrittura promettente, e una riflessione in bilico tra decadenza e voglia di rinascita, che in questo romanzo, in particolare, si avverte con chiarezza.

Il finale è drammatico, per tanto non lo sveleremo, lasciando a chi vorrà leggere il gusto della scoperta.

Svevo, nella fase declinate della sua vita, chiamato a dipingere Madonne, si ispira alla bellezza di Anna, una bellezza fresca, giovane, intrigante. Una bellezza impressa sulla tela di cui la concertista non può che restare affascinata, ammaliata, adulata.

Comincia così un dialogo tra i due, fatto sì di parole, ma anche silenzi, attese, paure, desideri e incomprensioni, come in ogni innamoramento.

Galeotta fu la tela, dicevamo, quella su cui Anna chiede di essere ritratta nuda con la sua arpa, lasciando il pittore abbagliato da tanta bellezza, risvegliando in lui memorie sopite di storie interrotte: “Credo di aver amato solo una donna nella mia vita, si chiamava Sophie, e come tutti gli amori che si rispettino è stato distruttivo, violento, doloroso”.

E nel pieno della creatività artistica, Anna confessa la sua paura di avere rimpianti nel suo futuro “… senza timore di esporsi, di mostrarsi nuda. Mi chiedo se sia una richiesta di aiuto: Anna mi ha spiazzato ancora. Questa fragilità improvvisa, del tutto inaspettata… Lei mi stringe una mano e mi sorride. La vicinanza mi imbarazza, ho paura che percepisca la mia fragilità, che senta le mie mani secche e ruvide tremare nelle sue mani morbide”.

I due si scoprono nel racconto di sé stessi, del loro vissuto, maturo e acerbo. Lentamente, cercano di dialogare con i loro corpi. “Anna mi saluta con un bacio veloce sulla guancia, e ora che so che è una sua abitudine non posso attribuire a questo contatto l’intimità che speravo indicasse. Le sue labbra ogni volta incontrano la mia pelle vecchia e raggrinzita, con poca barba e ogni volta mi imbarazzo al pensiero che possa esserne disgustata”.

Eppure c’è spazio per l’ignoto, “Mentre lascio scivolare lo sguardo sulla sua nuca e le spalle, non riesco a trattenere un sospiro. Ammiro il suo profilo, la linea morbida del naso, le labbra, immagino la forma che assumeranno sulla tela ancora bianca. Le mani di Anna scivolano sulle corde di nylon dell’arpa, il mio respiro accelera e ho l’impressione che il suo si sia già sincronizzato sullo stesso ritmo, che stiamo vivendo questo momento all’unisono”.

“Voglio vedere a che punto sei”, esclama Anna. “Si posiziona alle mie spalle e mi abbraccia. I suoi seni che spingono contro la nuca, la sua pelle umida, madida di sudore. Non sembra affatto imbarazzata, e non riesco a decidermi se questo sia un bene o un male…”.

E la storia comincia. Un’altra storia, che può e vuole cominciare a fare chiarezza del passato. “Mi è sfuggito tutto: il tempo, i sentimenti, persino il dolore sembra non appartenermi più. Sono dilaniato, il mio corpo è solo un involucro”.

Svevo scoprirà di padre di un figlio nato da Sophie, che ora vive e lavora in Corsica, ora che la madre è morta. Svevo e Anna iniziano un viaggio nell’isola, che vuole placare l’agitazione dell’anima, superare ogni rimpianto, guardare al futuro. Ma non c’è futuro in un amore ‘impossibile’, se non attraversando altro dolore. Anna vuole diventare donna, ma Svevo non ha più energie per condividere il suo cammino.

Purtroppo il dolore si ripresenta alla porta delle loro vite.

Anna è una concertista internazionale, chiamata ad esprimere la sua arte in tutto il mondo. “L’unica reazione possibile è suonare senza sosta, anche otto ore al giorno, a volte. Va avanti fino a sentire i crampi e le mani irrigidirsi, fin o ad avvicinarsi a una perfezione inafferrabile, fino a quando la musica che produce riesce a emozionarla come vorrebbe che facesse con il pubblico”.

Praticare l’arte è una forma d’amore. Narcisista, malinconico e sofferente. Ma Anna è giovanissima, può ripartire. Incontra Gabriele. Può ritrovare le ragioni per un nuovo amore e chissà, forse anche la passione, l’ardore, la condivisione. Quella freschezza di un rapporto d’amore sincero, leale e paritario, sereno, costruttivo e promettente, che un amore tossico e “impossibile” non può mai dare.

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