È stato l’ultimo pontefice proveniente dal Sud Italia e la sua Gravina in Puglia lo ha ricordato in occasione dei trecento anni dall’ascesa al Soglio pontificio.
Dopo i due appuntamenti in Basilica, martedì l’Oratorio “A Santa Caterina” con l’Orchestra Sinfonica 131 della Basilicata e il Coro Polifonico Mercadante, e mercoledì la solenne Concelebrazione presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, con l’evento conclusivo di venerdì scorso, il Centro Studi Benedetto XIII ha voluto condividere le motivazioni del processo di beatificazione in corso con una kermesse culturale condotta dal giornalista Rai Daniele Rotondo, alternando testimonianze, video, interventi teatrali e musicali.
In apertura, è stata data lettura della missiva di Papa Francesco dedicata a Benedetto in cui lo definisce “compagno dei poveri”, “personalità di fede e d’animo buono”, “uomo di lungimirante intelligenza” nonché di “provata cultura”, di cui va raccolta l’eredità. E nei saluti iniziali il sindaco di Gravina Fedele Lagreca, sottolineato il fondamentale lavoro del Centro Studi, ha ricordato di aver ricevuto a Roma, in udienza da Papa Francesco, la sua disponibilità ad essere presente a Gravina a chiusura dell’iter di beatificazione.
Quindi spazio al presidente e artefice del Centro Studi, don Saverio Paternoster, che ha ricostruito la figura di Benedetto XIII, nato Pietro Francesco dalla nobile famiglia degli Orsini nel 1650, partendo dalla nascita della sua vocazione – ostacolata dalla madre – come frate domenicano col nome di frate Vincenzo Maria. Quindi il suo rapido bruciare le tappe: cardinale a soli ventidue anni, arcivescovo a 25 anni, prima di Manfredonia, poi di Cesena – convocando anche un Sinodo diocesano – e per ben 40 anni di Benevento.
«Interpretando il suoi ruoli – ha sottolineato – sempre all’insegna dell’umiltà, della missione pastorale ma anche dell’operare in concreto per i più deboli». Ad esempio per i malati di malattie infettive, per i quali fece costruire l’ospedale San Gallicano; per i malati di mente, facendo ricostruire l’ospedale di Santa Maria della Pietà; ma anche migliorando il regime carcerario. A contribuire all’excursus – arricchito dalla lettura di scritti del Papa gravinese ad opera degli attori Lucia Zotti, Antonella Pagano e Pierluigi Morizio – anche Andrea Mazzotta, storico e vicepresidente del Centro Studi, che ha emancipato la figura papale da «una storiografia un po’ ostile», delineandola all’insegna di una frase-chiave: «Volevo essere solo un frate». Ha ricordato quindi la sua modestia e ritrosia nell’accettare per obbedienza prima il cappello cardinalizio poi la tiara papale, indossata dalla sua elezione del 29 maggio 1724 fino alla morte, avvenuta per una febbre il 21 febbraio 1730.
Illustrata l’articolata mole degli scritti papali, Mazzotta ha poi sottolineato anche il pragmatismo di Benedetto nel diffondere i Monti frumentari, una forma di credito agrario per prestare ai contadini indigenti le sementi necessarie per la semina.