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Bari, lo Splendor celebra i 100 anni di Mastroianni: via alla rassegna con sette film

Una stella di nome Marcello. A cent’anni dalla sua nascita il cinema Splendor, in collaborazione con La Cineteca di Bologna, celebra Marcello Mastroianni riportando in sala, dalla prossima settimana, 7 film che ripercorrono una carriera con pochi eguali. Il programma La rassegna “Mastroianni 100” comprenderà “Peccato che sia una canaglia” (1954) di Alessandro Blasetti, “I…

Una stella di nome Marcello. A cent’anni dalla sua nascita il cinema Splendor, in collaborazione con La Cineteca di Bologna, celebra Marcello Mastroianni riportando in sala, dalla prossima settimana, 7 film che ripercorrono una carriera con pochi eguali.

Il programma

La rassegna “Mastroianni 100” comprenderà “Peccato che sia una canaglia” (1954) di Alessandro Blasetti, “I soliti ignoti” (1958) di Mario Monicelli, “La dolce vita” (1960) di Federico Fellini, “Divorzio all’italiana” (1961) di Pietro Germi, “8½” (1963) di Federico Fellini, “Matrimonio all’italiana” (1964) di Vittorio De Sica e “Una giornata particolare” (1977) di Ettore Scola.

Il primo appuntamento è per lunedì con “La dolce vita” – doppia proiezione alle 18 e alle 21 – e martedì (solo 21).

La dolce vita, Odissea romana

Marcello Rubini, un giornalista romano, è un uomo senza radici, alla deriva in un mondo di apparenze e di vuoto. La sua Roma è una città notturna, scintillante quanto decadente, popolata da personaggi bizzarri e dalla borghesia annoiata. Marcello è un voyeur, un testimone impassibile di una società che si diverte a distruggersi. Una vita che è flusso ininterrotto di feste, cocktail, paparazzi e amori fugaci. Un eterno bambino, tanto alla ricerca dell’emozione autentica, quanto incapace di afferrarla. Il film di Fellini è un viaggio attraverso la Roma degli anni ‘60, città che rappresenta un’epoca di grandi cambiamenti e profonde contraddizioni. Un ritratto spietato della società del tempo, sempre attuale, analisi lucida di vizi e virtù dell’uomo moderno.

Marcello, fragile viveur

Eppure Mastroianni dietro la macchina da presa era frammento dei suoi personaggi. Bellissimo e carismatico, con l’aria malinconica e imbronciata sempre in tasca, Marcello è un solitario. Tanti anni passati a togliersi di dosso l’abito del latin lover, le stimmate del sex symbol, da viveur incallito. In realtà si sposa una sola volta, con l’attrice Flora Carabella. Poi le relazioni intense e chiacchierate con le dive del grande schermo: prima la statunitense Faye Dunaway, conosciuta sul set di “Amanti” (1968), poi l’amore con la francese Catherine Deneuve; l’ultima compagna è la regista barlettana Anna Maria Tatò, con cui vive fino ai titoli di coda.

Marcello l’antidivo

È icona, oggi più di ieri, e di questo – fosse ancora tra noi -probabilmente riderebbe. Soffrendone, forse, anche un po’. Un’icona è un quadro. Un santo, un oggetto di culto. Mastroianni è un uomo che ama la vita in una scarpa, temendola nell’altra. Un Pierrot lunare che si perde nei vicoli di Roma.

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