“Piazza Diaz è un avamposto tra acqua e terra. Si trova prima che la città finisca oppure prima che cominci. Dipende da dove la si guarda. È un luogo che fa tornare il desiderio di cambiare il mondo. Ripulirlo dai luoghi comuni, macchie d’olio nella coscienza collettiva”. Raccontare la propria città pare naturale ma non lo è affatto, perché se è vero che “nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo”, come diceva Pavese, è anche vero che l’intensità dei sentimenti rischia di frenare il flusso delle parole e condizionare le descrizioni. Eppure quello di chi in un luogo è nato, rimane uno sguardo autentico, tale da offrire una prospettiva diversa, non stereotipata e preziosa, qualora si voglia andare il folklore. Per la collana “Passaggi di dogana” di Giulio Perrone Editore, Alessandra Minervini scrittrice, editor e docente di scrittura, ha raccolto la sfida di parlare di Bari, sua città natale, seguendo i tacchi delle Louboutin di Lolita Lobosco, commissaria per antonomasia, nonché barese più amata d’Italia, personaggio di culto dell’inventiva di Gabriella Genisi.
I percorsi
Piazza Diaz, è uno degli angoli del cuore in cui Minervini si ferma nella prima delle cinque passeggiate che compongono il suo percorso attraverso le strade del capoluogo pugliese. A dettare le tappe per ognuna di esse sono i cinque sensi, motivi ispiratori e insieme numi tutelari di un cammino che a ogni passo diviene sempre più interiore. A esse poi se ne aggiunge un’altra, fuori dai confini della città, a San Vito, vicino Polignano a Mare, lì il dio guida sarà l’amore, il sesto senso, quello più evanescente e insieme più necessario. L’autrice si muove tra passato e presente, rievocando la Bari della sua infanzia e della sua adolescenza: “Era una città di frontiera, Bari la facile, la città delle belle donne, delle sigarette al contrabbando a portata di tutti. La città festosa e colorata che confermava a ogni angolo la sua indole nera e votata all’illegalità, al raggiro e al guadagno facile”. Già, luce e ombra, bene e male, nella sua percezione la cifra duale sin da subito contrassegna la città, come dalle indagini di Lolita emergono figure sfumate, rese uniche da una commistione di istinti e valori.
Andare via e tornare
Ma questo non è il solo tratto che accomuna Minervini a Lobosco e a Genisi. Tutt’e tre, infatti, a un certo punto delle loro vite dal sole, dal maestrale, dagli odori e dai sapori di Bari hanno dovuto distaccarsi ed è proprio in quella distanza che è maturato il legame, l’amore e soprattutto il racconto. E tutt’e tre alla città sono ritornate, perché “un paese ci vuole non fosse altro che per il gusto di andarsene via”: in quel momento ognuna è divenuta flâneuse nella propria terra, viaggiatrice e camminatrice curiosa per le vie di ieri e di oggi. Nelle pagine dell’opera il lettore, seguendo l’autrice e valorizzando la vista, ritroverà Alberto Sordi e Monica Vitti che girano “Polvere di Stelle” nel Petruzzelli. Affidandosi al tatto, incontrerà di nuovo Maradona, che troneggia sul muro ruvido di una casa dinanzi a Santa Teresa dei Maschi e da solo vale come emblema potente degli anni ’80. Chiudendo gli occhi e inspirando, invece, tornerà ancora più indietro nel tempo, al 2 dicembre del ’43, il giorno dello scoppio della bomba al porto, una tragedia a lungo passata sotto silenzio per via del segreto militare da cui fu coperta, ma che di fatto costituisce l’unico caso di guerra chimica della seconda guerra mondiale. Tendendo gli orecchi, ascolterà i fatti, le chiacchiere, o meglio “tirerà le cime di rapa”, sprofondando in quel “coro greco” che è la maldicenza, “dominio di sussurri e poi voci, calunnie, querele”, l’intrattenimento più comune e insieme più pericoloso nelle giornate noiose, ma utilissima risorsa nelle ricerche della commissaria Lobosco. Minervini, tuttavia, ci avverte pure che scrivere è “un appetito di carne e spirito”, il gusto non è senso meno nobile degli altri, per cui il lettore sarà condotto anche alla scoperta di una faccenda seria come la focaccia, ma anche degli spaghetti all’assassina, e chi più ne ha ne metta, perché i piatti di Lolita sono ascesi alle vette dell’alta gastronomia italiana, sebbene, in realtà, nascano come risposta alla “struggenza”, ossia a quel vuoto del cuore che Lolì tenta di colmare.
A Polignano
Si vivrà poi il maggio barese, il mese di “Sanda Necòle”, tutto luminarie, birra e risate, sinché non si varcheranno i confini e si rotolerà verso sud, fermandosi il quel posto magico e romantico che è l’abbazia di San Vito. Perché se la nonna dell’autrice, Maria, aveva ragione quando diceva che “non è l’uomo a far la signora”, l’amore, invece, è una mancanza di cui paradossalmente non si può fare a meno, il sentimento che sa di mandorla e che presiede alla passeggiata finale, divinità doppia, dolce e amara insieme, come doppia è Bari. I lettori più maturi cammineranno incantati a fianco delle due donne, capaci di aprire lo scrigno della loro memoria, i più giovani, come i forestieri, saranno accolti in un mondo che va preservato perché è l’anima vera e unica della città.