Alberto Rubini racconta la sua passione per l’arte trasmessa al figlio Sergio

Il talento, si sa, è anche una questione di geni. Con l’ereditarietà che può giocare un ruolo importante. Diventando spesso un “affare di famiglia”. Ne sanno qualcosa Eduardo, Titina e Peppino De Filippo che, più che “figli” del celebre Eduardo Scarpetta, furono suoi “figli d’arte”. Ricevendo da lui questo prezioso dono, anziché i beni materiali che pure avrebbero meritato. Come ci ha ricordato di recente Sergio Rubini, con la sua straordinaria regia de “I fratelli De Filippo”, che lo scorso 30 dicembre ha tenuto incollati allo schermo quasi quattro milioni di telespettatori e che si è rivelato il miglior prodotto cinematografico per la tv degli ultimi dieci anni.

Una situazione che, forse, a Sergio Rubini, non era proprio del tutto nuova, dal momento che, per certi versi, anche lui si può definire un “figlio d’arte”. Suo padre Alberto (genitore devoto e amorevole, a differenza di Scarpetta), infatti, quel sacro fuoco lo ha nelle vene sin da ragazzino e, anche oggi che è giunto ad ottantasette anni, non si risparmia di fronte a nuove sfide.
Il diretto interessato nega di avere meriti nella spumeggiante carriera del figlio, ma non si può neanche escludere, tuttavia, che avere un genitore ricco di così tanti interessi possa avere avuto una certa influenza nelle scelte professionali poi assunte dal figlio. «Quella per l’arte è una passione che ho coltivato sin da piccolo – ci racconta Alberto Rubini – e, per fortuna, anche da adulto sono riuscito a conciliarla con il mio lavoro da ferroviere. In questo devo dire grazie a mia moglie, donna intelligente che ha saputo essere la vera pietra solida in una famiglia di artisti».
Persona ricca di estro e dotata di grande umanità, il “papà di Sergio” (come qualcuno ancora oggi tende a chiamarlo) ha infatti un curriculum di tutto rispetto, avendo spaziato dal cinema (dove ha recitato proprio per il figlio in “L’amore ritorna” e in una ventina di cortometraggi, tra i quali ricordiamo gli apprezzati “Il vento è cambiato” e “L’animattore”) al teatro (con all’attivo circa quaranta opere). Senza trascurare le altre sue grandi passioni, come la poesia e la pittura, che gli sono valse anche premi e riconoscimenti.
Con una accattivante punta di quello spleen tanto caro a Baudelaire a contraddistinguere un carattere tanto versatile quanto inquieto. Tipico per l’appunto degli artisti. Come può da alcuni punti di vista dirsi anche per quell’Eduardo De Filippo, oggi così ben descritto da Sergio Rubini, le cui opere, per una simpatica ironia del destino, sono state anche apprezzate e rivisitate in passato in chiave amatoriale proprio da suo padre Alberto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version