È arrivata la prima sentenza riguardante la maxi-inchiesta sulla presunta corruzione elettorale nelle amministrative del 2019 a Bari e Valenzano. La giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari, Anna Perrelli, ha dichiarato il non luogo a procedere per l’ex consigliera comunale Francesca Ferri e per il compagno Filippo Dentamaro «perché il fatto non sussiste». Nella sentenza la gup specifica che tale decisione riguarda «le sole elezioni amministrative del consiglio comunale di Bari». Ferri e Dentamaro, infatti, erano accusati di un presunto voto di scambio politico-mafioso, che sarebbe avvenuto in occasione delle amministrative di quattro anni fa nei comuni di Bari e Valenzano. Entrambi si trovavano ai domiciliari dall’ottobre del 2022, dopo aver trascorso due mesi e mezzo in carcere. Stessa decisione per Carlo Barresi, Luciano Marinelli e Carmine Pastore, per i quali il giudice ha disposto il non luogo a procedere, in questo caso «per non aver commesso il fatto». Per gli altri reati ascritti alla coppia, tra cui il voto di scambio nelle elezioni valenzanesi e l’associazione per delinquere, la gup ha invece disposto il rinvio a giudizio.
Davanti la giudice, nella precedente udienza di giugno, i due (che hanno scelto di procedere con il rito ordinario anche se hanno più volte tentato di ottenere il patteggiamento) erano apparsi sereni. In quell’occasione tentò di costituirsi parte civile il ministero dell’Interno, ma con esito negativo. In precedenza, invece, lo aveva fatto (con successo) il comune di Bari.
Secondo i pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero la coppia avrebbe gestito gli affari di Valenzano grazie a un «patto di collaborazione» con il boss Salvatore Buscemi (anche lui rinviato a giudizio), che aveva il totale controllo del paese dell’Hinterland barese. Sarebbe stato lui, sempre nel 2019, a garantire a Francesca Ferri l’elezione in consiglio comunale di candidati a lei vicini. In cambio del suo “supporto”, a Buscemi sarebbero state promesse modifiche al piano regolatore per facilitare suoi futuri progetti. Ma la sentenza di non luogo a procedere, come si diceva, riguarda solamente gli “affari” baresi della coppia. Secondo la Procura, infatti, Ferri e Dentamaro avrebbero avuto rapporti anche con Nicola Canonico, imprenditore e presidente del Foggia calcio (anche lui finito ai domiciliari e ora rinviato a giudizio), per quel che riguardava la compravendita di voti durante la campagna elettorale della ex consigliera in occasione delle amministrative del capoluogo, tenutesi a maggio del 2019. In quest’occasione, infatti, la Ferri si candidò con la lista civica “Sport Bari – Di Rella sindaco”. Secondo l’impostazione, l’imprenditore sarebbe stato “garante” (perché avrebbe ospitato a casa sua gli incontri in cui pianificare le strategie per assicurare l’elezione della donna) e l’avrebbe aiutata a individuare procacciatori di voti, facendosi anche portatore personale di conoscenze. Con la complicità di Filippo Dentamaro, avrebbero organizzato il reclutamento di elettori per la successiva acquisizione dei rispettivi voti, pagati dai 25 ai 50 euro. Numerose furono le intercettazioni telefoniche nelle quali si commentava la rete di conoscenze «utile» a supportare la candidatura di Francesca Ferri. Per questi altri reati, infatti, i tre andranno a processo.