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Un colpo sulla testa dopo gli spari. La rabbia di chi ha ucciso Di Giacomo

Il colpo, feroce, alla testa quando Mauro Di Giacomo era già per terra, inerme, quasi senza più vita dopo i sei colpi che lo avevano raggiunto alle spalle mentre cercava di scappare. Per gli inquirenti che indagano sull’omicidio del 63enne fisioterapista e osteopata barese, chi ha sparato il 18 dicembre scorso, al quartiere Poggiofranco di…

Il colpo, feroce, alla testa quando Mauro Di Giacomo era già per terra, inerme, quasi senza più vita dopo i sei colpi che lo avevano raggiunto alle spalle mentre cercava di scappare. Per gli inquirenti che indagano sull’omicidio del 63enne fisioterapista e osteopata barese, chi ha sparato il 18 dicembre scorso, al quartiere Poggiofranco di Bari, era animato da un forte sentimento di rabbia.

Dall’esame autoptico, eseguito nei giorni scorsi dal professor Franco Introna, dell’Istituto di medicina legale del Policlinico di Bari, è stata evidenziata una lesione sulla testa che difficilmente risulta compatibile con un caduta, ma che potrebbe essere riconducibile all’utilizzo di un oggetto contundente: di cosa si sia trattato non è ancora chiaro, visto che non è stata ancora ritrovata l’arma.

I rilievi effettuati sul posto dagli agenti della Squadra Mobile, coordinati dal dirigente Filippo Portoghese e dai colleghi della Scientifica che li hanno repertati, riconducono a una calibro 7,65, un’arma difficilmente utilizzata dalla criminalità per gli agguati, che preferisce revolver o le calibro 9, di certo più efficaci. E non a caso, gli inquirenti, coordinati dal pm Matteo Soave, tendono a escludere moventi di natura malavitosa e, soprattutto, legati alla droga.

Sembra anche poco utile alle indagini, dopo una iniziale valutazione, la lettera anonima che la vittima aveva ricevuto nello studio di via Tridente, dove esercitava l’attività privata. Fondamentale è invece l’esame delle immagini della videosorveglianza della zona, assente nel parcheggio di via Tauro dove si è consumato il delitto, ma nelle vicinanze e lungo il potenziale tragitto fatto dall’assassino o dall’assassina.

Non è infatti certa, ancora l’identità di chi ha sparato, visto che indossava un cappuccio calato sulla testa. Testimoni ascoltati dagli inquirenti hanno dichiarato di aver visto l’aggressione, ma non hanno fornito elementi utili all’individuazione del killer, che avrebbe agito da solo e poi sarebbe fuggito a bordo di un’auto. Il pm ha delegato anche una serie di atti investigativi, tra cui l’analisi dei tabulati telefonici della vittima, mentre si scava anche nell’elenco dei suoi pazienti.

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