Un 50enne barese morì dopo il vaccino contro il Covid, la famiglia si oppone all’archiviazione

La famiglia di Alessandro Cocco, 50enne barese morto per emorragia intraparechimale il 15 giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino anticovid Johnson&Johnson avvenuta il 26 maggio dello stesso anno nell’hub di Alberobello, si è opposta all’archiviazione del processo per omicidio colposo a carico di 13 persone, cioè il personale sanitario che ha avuto in cura l’uomo.

Il gip del Tribunale di Bari Alfredo Ferraro si è riservato di decidere.

Secondo il consulenti nominati dal pm, Larissa Catella, «non è possibile affermare oltre ogni ragionevole dubbio» che il vaccino «sia stata causa unica ed esclusiva» del decesso, «avendo invece con maggiore probabilità agito come concausa nel determinismo della trombosi su un substrato trombofolico favorevole per la presenza del deficit della proteina S». Quindi, concludono ritenendo che la somministrazione del vaccino «possa essere considerata concausa minima» dell’evento morte «atteso che la pregressa artrosi venosa, il deficit di proteina S, la possibile reazione autoimmune all’assunzione di eparine e la somministrazione del vaccino, ciascuna da sola ben poteva indurre in maniera esclusiva la sindrome trombotica».

Gli stessi consulenti non rilevano alcuna responsabilità dei medici che ebbero in cura l’uomo prima nell’ospedale Miulli, poi al Policlinico, dove Cocco arrivò ormai in coma.

Il legale della famiglia, Daniele Bocciolini, ha chiesto al gip di far proseguire le indagini e che siano ascoltati i vertici di J&J, i responsabili delle aziende sanitarie territoriali, la direzione di Aifa e tutti coloro che ebbero in cura l’uomo prima e dopo la somministrazione vaccino. Richiesta anche l’audizione delle istituzioni competenti in merito al piano vaccinale e all’informativa sulla somministrazione per comprendere, in particolare, le cause del divieto di utilizzo del vaccino di Johnson&Johnson agli under60.

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