È stato ucciso per punizione, per aver riferito, cioè, nell’ambiente della malavita, i nomi dei suoi complici in un furto d’auto: la polizia di Stato di Brindisi, dopo oltre due anni di indagini, è riuscita a risalire all’autore dell’assassinio del diciannovenne Giampiero Carvone, avvenuto nel rione Perrino il 10 settembre 2019.
Il killer sarebbe un 26enne di Brindisi, pregiudicato, attualmente agli arresti domiciliari. All’uomo è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere,emessa dal gip di Lecce su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
All’arresto la polizia è giunta grazie anche alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno contribuito a ricostruire il contesto in cui l’omicidio è maturato: quello della criminalità organizzata e dei codici non scritti che la governano. Il furto dell’automobile, appartenente ad un familiare di un malavitoso locale, non è stato infatti il vero motivo dell’omicidio.
Secondo la polizia il giovane è stato punito «in puro stile mafioso per non avere coperto, secondo uno dei principi cardine della codicistica criminale, quello dell’omertà, quelli che da altra parte della criminalità venivano additati come gli autori di uno “sgarro” che, a prescindere dalle conseguenze, meritava di essere punito». In proposito scrive il Gip che «il ragazzo è stato ucciso per porre fine ad una situazione “scomoda” che per l’autore dell”omicidio poteva trovare soluzione solo con l’eliminazione fisica del giovane Carvone, definito come esuberante e, in quanto tale, non gradito negli ambienti malavitosi nei quali, nonostante tutto, era inserito».
Prosegue il gip affermando che: «Giampiero Carvone muore a causa di un furto d’auto e del successivo danneggiamento della stessa dovuto ad un sinistro stradale, furto perpetrato in danno di persone “sbagliate”; ma muore fondamentalmente per avere fatto “l’infame”, avendo riferito ad un uomo di spessore, assai temuto, i nomi dei suoi complici nel furto, tra cui proprio l’“odierno indagato”».