Trovato morto 35 anni fa a Policoro, la mamma scrive a Mattarella: «Ci aiuti a scoprire la verità»

«Al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che mi ha ricevuta due anni fa, e si è commosso per la mia storia, chiedo un impegno affinché si proceda ad una revisione del caso di Luca, alla luce anche delle evidenze emerse dall’ultima perizia. Non è possibile che lo Stato stia ancora a guardare e rimanga indifferente davanti ad una storia così amara».

L’appello, disperato, è di Olimpia Fuina Orioli, madre di Luca Orioli, il cui corpo esanime, trentacinque anni fa, fu ritrovato a Policoro (Matera), assieme a quello di Marirosa Andreotta, nel bagno della casa di famiglia di lei. Trentacinque anni di ricerca della verità per la signora Olimpia, che nonostante il tempo trascorso non vuole saperne di arrendersi.

«Ho 82 anni- dice- ma non posso e non devo morire fino a quando non avrò consegnato al mio Luca la verità». La Procura di Matera ha archiviato il caso nel 2012 additando come responsabile della morte dei due giovani il monossido di carbonio fuoriuscito da uno scaldabagno, secondo la donna «risultato perfettamente funzionante tanto da essere spostato l’anno seguente in cucina, avendo deciso di rifare il bagno in cui avremmo ancora oggi trovato tracce del macabro evento».

E prosegue: «Lo stesso medico legale – fa notare la signora Olimpia – che nel 2012 decretò la morte per monossido di carbonio facendo chiudere il caso, il 5 aprile di quest’anno a “Pomeriggio Norba”, ha affermato, smentendosi, che quel quantitativo di monossido non poteva fare morire due persone. Una contraddizione che può essere importante – secondo la donna – per riaccendere i riflettori sulla morte di Luca. Dopo anni di perizie e di autopsie false e denaro speso per i legali – continua – mi ritrovo che nessuna Procura si sia resa conto del danno arrecato al giusto diritto, ormai chiaramente leso. Io credo che una Procura seria non possa ignorare un dato così sconcertante».

L’anziana, allora, implora «il presidente della Repubblica affinché possa richiedere una seria revisione del caso – dice – e non certo alla Procura di Matera. Sto chiedendo aiuto, non avendo più forza economica a disposizione. In 35 anni mi hanno dissanguata. Credo fermamente che si possa sempre riparare. Sono pronta a perdonare – conclude la signora Olimpia – l’importante è che il caso venga riaperto».

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