Tragedia a Brindisi, incastrato nel nastro trasportatore dello zuccherificio: muore operaio 46enne

Un operaio di 46 anni è morto, poco dopo la mezzanotte, in un incidente sul lavoro che si è verificato nello stabilimento dello zuccherificio di Brindisi, sulla strada per Fiume Piccolo.

L’uomo, originario di Latiano, era impiegato per una ditta esterna in lavori di manutenzione su uno dei nastri trasportatori dell’impianto.

Per cause in corso di accertamento, il 46enne è rimasto incastrato nel nastro e ha subito l’amputazione del braccio morendo poco dopo.

Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’operaio il cui corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi. Il compito di ricostruire la dinamica dell’incidente è affidato alla polizia di Stato. Sono intervenuti anche gli ispettori dello Spesal. Dell’accaduto è stato informato il magistrato di turno, che ha aperto un’inchiesta per stabilire la dinamica ed eventuali responsabilità.

Uil Puglia: «Cosa si aspetta a fermare questa strage?»

«Cosa aspettano le istituzioni a intervenire in maniera decisa, severa, concreta per fermare questa strage?». È quanto chiedono il segretario generale della Uil Puglia Gianni Ricci e il coordinatore territoriale Uil di Brindisi Fabrizio Caliolo a seguito della seconda morte sul lavoro in pochi giorni (il primo maggio scorso ha perso la vita un lavoratore di Gioia del Colle) e la 17esima dall’inizio dell’anno in Puglia che, affermano, «si conferma tra le regioni a più alta incidenza di infortuni mortali nei luoghi di lavoro, ma nonostante le nostre proposte e sollecitazioni la politica è ancora incomprensibilmente ferma, a ogni livello istituzionale».

I sindacalisti evidenziano che «non può certo bastare una patente a crediti in cui la vita umana è valutata una manciata di crediti, servono interventi più incisivi. Forse è giunto il momento di creare – continuano – una procura speciale che intervenga su quelli che a tutti gli effetti sono spesso omicidi nei luoghi di lavoro, occorre investire nell’assunzione di ispettori per incrementare i controlli al momento insufficienti, serve una stretta sulle aziende che non applicano le misure di sicurezza e i contratti collettivi sottoscritti dai sindacati più rappresentativi, lasciandole fuori dai bandi pubblici. Insomma, serve una risposta forte. Noi continuiamo a chiederci come avrebbe reagito lo Stato se tutte queste morti fossero state causate dalla mafia».

Ricci e Caliolo ricordano che «un mese fa abbiamo avuto un incontro con il presidente della Regione, in cui ci erano state prospettate in serie di misure per la sicurezza: aumenti dei controlli, risorse per la formazione e per la diffusione, anche nelle scuole, della cultura della sicurezza sul lavoro. Ma al momento tutto è rimasto sulla carta. Più in generale bisogna tornare a dare il giusto valore alla vita umana e al lavoro, come sinonimo di benessere e sviluppo e non di morte».

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