Un violento terremoto di magnitudo 8.8 ha colpito, ieri 30 luglio, la penisola russa della Kamchatka, a circa 120 km a sud-est di Petropavlovsk-Kamchatsky, a una profondità di 20,7 km. È uno dei dieci più potenti registrati dall’inizio del Novecento. Il sisma ha innescato uno tsunami che ha interessato gran parte dell’Oceano Pacifico, generando onde fino a 5 metri a Severo-Kurilsk, nelle isole Curili, dove è stato dichiarato lo stato d’emergenza.
Il Giappone ha attivato l’allerta tsunami lungo la costa pacifica, evacuando circa 2 milioni di persone. A Iwate onde di 1,3 metri hanno causato interruzioni nei trasporti. Le centrali nucleari, compresa Fukushima, non hanno riportato danni. Le Hawaii sono state tra le prime aree a rilevare l’arrivo dello tsunami: onde superiori a 1,5 metri a Kahului e forti correnti a Haleiwa hanno imposto l’evacuazione costiera. Allerta e onde minori sono state segnalate in California, Messico, Alaska e Colombia.
Il sisma ha provocato l’eruzione del vulcano Klyuchevskaya Sopka, mentre la base sottomarina nucleare di Vilyuchinsk è stata posta in massima allerta. Fortunatamente, il Cremlino ha confermato l’assenza di vittime, nonostante diversi feriti e danni strutturali, come il crollo di un asilo.
In tutto il Pacifico, dalle Galápagos al Perù, dalle Filippine alla Polinesia Francese sono scattate evacuazioni e allarmi. Le autorità di vari Paesi hanno successivamente declassato o revocato le allerte, tra cui Cina, Filippine, Giappone e Hawaii. L’Unione Europea si è detta pronta a fornire assistenza. Le scosse di assestamento, secondo gli esperti, potrebbero proseguire per settimane. La Farnesina invita i cittadini italiani nelle aree a rischio a seguire le autorità locali e contattare l’Unità di Crisi in caso di necessità.