Taranto, Hiab lascia Statte per trasferirsi in Emilia e in Puglia esplode la protesta

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La multinazionale Hiab lascia Statte per trasferirsi in Emilia. Ieri davanti alla prefettura, lo sciopero indetto da Fim, Fiom e Uilm che da giorni hanno dichiarato lo stato di agitazione. I lavoratori metalmeccanici hanno incrociato le braccia per otto ore per protestare contro la decisione assunta dalla direzione di trasferire a Minerbio (Bologna) le attività manifatturiere per la produzione di gru attualmente realizzate nello stabilimento ionico, con conseguente apertura di una procedura di proroga della cassa integrazione per tutto il personale (102 unità), in forza a zero ore.

La reazione dei sindacati

Per il segretario territoriale dell’Appalto di Fim Cisl Taranto-Brindisi, Pietro Cantoro, «in strada nel cuore della città siamo scesi a rappresentare 102 famiglie dei lavoratori di questa multinazionale che finora è cresciuta raggiungendo guadagni non indifferenti e diventando un grande gruppo nel settore della movimentazione. La procedura di cassa ordinaria per delocalizzare e spostare tutto a Bologna getta per l’ennesima volta questo territorio, massacrato da crisi e casse integrazioni, nel baratro. Ci sono tante famiglie che ora non hanno più prospettive ed un futuro. Speriamo al più presto in una convocazione ministeriale per questa vertenza. Abbiamo chiesto alla prefetta Paola Dessì di farsi portatrice di questo disagio col governo. Questo è l’ennesimo scempio: una multinazionale arriva sul territorio, depreda e porta via tutto il benessere». La decisione, dicono i sindacati, è arrivata senza che l’azienda concordasse un progetto industriale, nonostante fosse stato richiesto più volte un confronto.

I danni al territorio

Per i sindacati metalmeccanici la decisione di trasferire del tutto l’attività del sito ionico impoverirebbe il tessuto industriale, produttivo e sociale del Tarantino in favore di un processo di pura delocalizzazione produttiva tesa esclusivamente ad abbassare i costi. I sindacati ora chiedono un vero piano industriale chiamando in causa il governo, gli enti locali e la task force regionale per l’occupazione.

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