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Taranto, ex boss pentito ora è un clochard: «Temo mi uccidano quelli che ho fatto arrestare»

«Temo mi vogliano uccidere». Leonardo Ventrella, 59 anni, un passato da criminale di rango nella guerra di mafia che insanguinò Taranto e la sua provincia tra gli anni Ottanta e Novanta, fu tra i mandanti della strage della Barberia, uno degli episodi più sanguinosi dell’epoca in cui furono uccise quattro persone scambiate per un boss,…

«Temo mi vogliano uccidere». Leonardo Ventrella, 59 anni, un passato da criminale di rango nella guerra di mafia che insanguinò Taranto e la sua provincia tra gli anni Ottanta e Novanta, fu tra i mandanti della strage della Barberia, uno degli episodi più sanguinosi dell’epoca in cui furono uccise quattro persone scambiate per un boss, prima pentito, e oggi pentito di essere stato pentito, chiede un tetto sulla testa, una casa che lo protegga dalle ritorsioni della malavita. Tornato in libertà dopo aver scontato 22 anni di carcere per diversi reati, tra cui omicidio, rapina, estorsione, porto abusivo di arma clandestina e traffico internazionale di droga, ha poi collaborato con la giustizia.

Le sue testimonianze ritenute attendibili, sono state alla base dei maxi processi alla mafia ionica come Ellesponto, Penelope e Diana. Entrato in un programma di protezione nel 1993, Ventrella ha girato l’Italia con l’allora compagna e il loro figlioletto. E nonostante fosse sotto scorta e con identità protetta, ha subito diversi agguati. Nel 2001, dopo otto anni, rinuncia al programma di protezione per non far soffrire il figlio piccolo che era costretto a cambiare spesso scuola e amici.

Ricevuta dallo Stato una liquidazione di 38.500 euro, Ventrella torna a Taranto e prende una casa in affitto che paga con la liquidità a sua disposizione e che poi finirà perché non riesce a trovare lavoro. Interviene così il Comune che versa mensilmente il canone per tre anni, allo scadere dei quali Ventrella e la sua compagna finiscono sfrattati a novembre scorso. «Da allora viviamo per strada e ci arrangiamo a pranzare in centri di prima accoglienza o associazioni – racconta l’uomo – ho dormito sulle panchine, per strada, in stazione. Lì mi hanno rubato un borsello in cui avevo documenti e medicine, ora non posso più curarmi».

Ventrella ha diversi problemi di salute e teme ancora per la sua incolumità. Crede che ci sia ancora oggi che vuol fargliela pagare per le sue testimonianze.

«Da giugno 2023 fino a settembre, hanno provato a spararmi – dice – l’ultima volta un proiettile mi ha preso di striscio, poi ne è nato un inseguimento, sono riuscito a dileguarmi ma ho perso una pistola che usavo per proteggermi».

Leonardo Ventrella vaga nel nulla con la compagna e una cagnolina di pochi mesi. «Non posso dirvi dove mi trovo ora, ho paura», dice, e rivolge un appello alle istituzioni: «molti di quelli finiti in carcere a causa delle mie deposizioni oggi sono tornati liberi. Chiedo un tetto sulla testa per proteggere me e la mia compagna. Mi si aiuti a pagare la caparra per prendere un monolocale in affitto. Non ce la faccio con soli 320 euro di pensione di invalidità. Se tornassi indietro non collaborerei più, mi farei piuttosto l’ergastolo».

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