Alle prime luci dell’alba, il personale della Squadra Mobile, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 pregiudicati tarantini, ritenuti presunti responsabili a vario titolo del reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in concorso tra loro.
L’attività di indagine ha preso avvio quando i poliziotti della Squadra Mobile di Taranto, impegnati nella quotidiana e costante attività di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, hanno cominciato ad annotare un insolito andirivieni di noti assuntori di sostanze stupefacenti, in una piazzetta di Taranto Vecchia.
Così, nel corso dei mirati servizi di appostamento finalizzati ad individuare i presunti personaggi dediti allo spaccio, le modalità di cessione della presunta sostanza stupefacente e i nascondigli della stessa, è apparsa centrale la figura di un 26enne il quale, dal balcone dell’abitazione in una via del Borgo Antico dove era agli arresti domiciliari, dava indicazioni ad altri giovani.
Plurimi e diversi sono gli episodi annotati nel corso dei quali il 26enne era solito calare in strada un sacchetto di juta legato ad una corda, scambiando beni non identificati – presumibilmente droga – con i presenti in strada.
Un ruolo più attivo sembra essere quello di un pregiudicato di 36 anni, con il suo presidio costante della piazza di spaccio e l’abilità di nascondere la sostanza stupefacente sempre in posti diversi, riuscendo a dileguarsi in tutta fretta al passaggio delle pattuglie della Polizia di Stato.
Pertanto, dall’attività di osservazione e dai diversi riscontri effettuati nel corso dell’indagine, sono stati delineati i profili di una probabile organizzazione dei tre soggetti sopra descritti operanti in un tratto di strada del Borgo Antico, divenuto vero e proprio “santuario” per i numerosi tossicodipendenti.
Le cessioni della presunta sostanza stupefacente (cocaina ed eroina) registrate sono quasi tutte ad opera del 36enne che prendeva contatti con gli acquirenti, riscuotendo il costo della dose e prelevando la sostanza da uno dei tanti nascondigli disseminati lungo la strada (feritoie nei muri o pacchetti di sigarette).
In alcuni casi – si presume per il pagamento differito o per l’ingente quantità richiesta – il 36enne si rivolgeva al 26enne agli arresti domiciliari per chiedere conferma della cessione.
In alcune occasioni, è stata registrata la cessione di dosi direttamente dal pregiudicato il quale, calando un sacco di juta o lanciando la sostanza, la consegnava agli acquirenti che, a loro volta, pagavano il denaro al 36enne.
Sono stati raccolti elementi utili a ritenere che la preparazione della droga avvenisse all’interno di un palazzo abbandonato ubicato nella stessa via ed al quale si accedeva attraverso una porta finestra posta a tre metri di altezza. Il compito di preparare i “pacchettini” da vendere sul mercato sembra fosse affidata ad altro pregiudicato di 20 anni, il quale, con doti di acrobata, si arrampicava senza ausilio di scale all’interno del palazzo, permanendovi il tempo necessario per il confezionamento delle dosi.
Intorno a questi tre soggetti, aventi un probabile ben definito ruolo all’interno dell’organizzazione, si ritiene che vi sia almeno un altro soggetto di 27 anni che partecipava occasionalmente ma con molta frequenza alle cessioni di sostanza stupefacente. Quest’ultimo, infatti, pur non sostando nella piazza di spaccio, collaborava con il 36enne nel recupero e nella successiva cessione della droga agli acquirenti.
Un importante riscontro all’ipotesi investigativa si è avuto con la perquisizione all’interno del palazzo abbandonato ed il successivo sequestro di 3 panetti da mezzo kg circa di eroina, insieme a materiale ed utensili utilizzati per il confezionamento.
Altro importante sequestro è stato effettuato dalla Squadra Mobile all’interno di un ripostiglio, di proprietà del Comune, situato in quella stessa via ed occupato abusivamente: un ulteriore panetto di eroina, del peso di 98 grammi che veniva sequestrato a carico di ignoti.
Proprio nel corso dei servizi di appostamento mirati ad individuare un possibile “responsabile” di questo locale, si è annotata la presenza di altro soggetto con precedenti di polizia che, almeno in due occasioni differenti, avrebbe aperto la porta attraverso delle chiavi. Lo stesso, attinto dall’ordinanza, sarebbe stato notato in compagnia degli altri presunti appartenenti all’organizzazione mentre si appartava in quei locali per poi uscirne poco dopo.
Il pericolo di reiterazione del reato da parte di tutti gli indagati, che oltre ad avere precedenti specifici alle spalle, hanno dimostrato di avere grande capacità organizzativa e accesso a diversi depositi di sostanza stupefacente, l’elevato spessore criminale di ciascun indagato, hanno convinto il Giudice per le Indagini Preliminari che l’applicazione agli stessi della misura cautelare in carcere, chiesta dal Pubblico Ministero, fosse l’unica a garantire le esigenze di tutela della collettività.