Tangenti nella Protezione civile pugliese, il teste in aula: «Lavori affidati senza i requisiti»

La società di Donato Mottola, imputato per aver versato una mazzetta da 20mila euro all’ex capo della Protezione civile pugliese Mario Lerario, non sarebbe stata in possesso dei requisiti necessari per ottenere l’affidamento del subappalto del lavoro di Borgo Mezzanone.

È quanto ha affermato in aula Roberto Polieri, referente della sezione opere pubbliche e infrastrutture della Regione Puglia, ascoltato come testimone dell’accusa nel processo a carico di Mottola in corso a Bari.

Secondo il teste, «per i lavori, il cui importo era di 2,6 milioni di euro, era necessario un codice Soa (attestazione di qualificazione per la partecipazione alle gare d’appalto) che la Dmeco [la società di Mottola, n.d.r.] non aveva. Poco importa – ha aggiunto Polieri – che i lavori siano stati fatti bene, perché formalmente quella gara non andava attribuita alla società». Polieri, insieme agli altri testi dell’accusa (l’attuale dirigente della protezione civile Nicola Lopane e al dirigente di sezione Francesco Plantamura) ascoltati oggi, ha sottolineato come la protezione civile e la sezione provveditorato-economato (di cui era dipendente Antonio Mercurio, ai domiciliari dal 9 febbraio) fossero sprovvisti di documenti cartacei relativi a diverse gare d’appalto.

Nell’ambito della stessa inchiesta Lerario è già stato condannato con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per avere intascato questa e un’altra tangente da 10mila euro da un altro imprenditore (anche lui già condannato).

Nel corso dell’udienza è stata ascolta come testimone dell’accusa anche la funzionaria della Regione Puglia Sabrina Della Crociata. «Il Rup aveva dato alla Dmeco di Donato Mottola una Cel (Certificato di esecuzione dei lavori) di tipo OG1 – ha ricostruito -. Lerario mi convocò nel suo ufficio e, insieme a Mottola che era con lui, mi chiese di migliorare la Cel in OS18A, un grado che gli avrebbe dato una qualifica maggiore per i lavori successivi. Dopo pochi giorni annullammo la prima Cel, cambiandola nel senso che aveva chiesto Lerario».

«Senza le pressioni di Lerario – ha aggiunto – il rup (Antonio Mercurio, ai domiciliari dal 9 febbraio scorso) non avrebbe cambiato la Cel della Dmeco. Altre precedenti richieste dell’azienda per ottenere la OS18A erano state precedentemente respinte». Il procedimento riguardava i lavori svolti dalla Dmeco nel Cara di Borgo Mezzanone, per i quali l’azienda di Mottola si era aggiudicata un subappalto da 2,6 milioni.

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