Lacrime e applausi hanno accolto l’arrivo del feretro di Mario Pisani nella parrocchia di San Carlo Borromeo, in piazza Milite Ignoto, a San Marzano di San Giuseppe.
Pisani, 73 anni, è una delle sette vittime della strage della centrale idroelettrica di Bargi, sul lago di Suviana.
All’esterno della chiesa tre corone di fiori con biglietti di condoglianze di Enel green power, società proprietaria della centrale di Suviana, Enel e Siemens Energy, una delle società appaltatrici.
In prima fila i familiari dell’uomo, la moglie Grazia, i tre figli Fabio, Matteo e Valentina con i cinque nipoti, il fratello Antonio, la cognata Pina e gli zii. Poi il sindaco Francesco Leo, con indosso la fascia tricolore.
Il 73enne era il più anziano tra le vittime della tragedia. Una delle domande ricorrenti che hanno animato dopo il drammatico incidente è cosa ci facesse lì alla sua età. Ma Mario Pisani non ricopriva la mansione di operaio, non metteva mani alle tubazioni, era un tecnico di lungo corso e svolgeva, a quanto si è appreso, il ruolo di supervisore, in particolare sulle questioni elettriche, per la sua esperienza in materia impiantistica e gestione di sistemi complessi.
«Ha cercato di salvare i colleghi»
«Ho saputo per vie traverse che Mario, insieme a qualche altra persona di esperienza, ha cercato per quanto possibile di non pensare a se stesso, di pensare agli altri cercando di limitare il danno. Non ha pensato: ora scappo, lascio tutto e vado via per salvare la mia vita. No, non è venuto meno alla sua vocazione, al suo impegno. Come Gesù non è venuto meno a quella chiamata del Padre che lo mandava a salvare gli uomini, a salvare gli altri». Lo ha detto don Cosimo Rodia durante l’omelia per i funerali di Mario Pisani.
L’intera comunità si è stretta attorno ai familiari dell’imprenditore, ex dipendente Enel ed amministratore unico della Engineering Automation Srl, con sede a Mele.
«Era un grandissimo uomo» ha affermato una conoscente. «Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli”, ha aggiunto una ex vicina di casa. Non me lo aspettavo proprio. Dobbiamo morire tutti – ha sostenuto – ma in questo modo no, per lavoro no».
Un altro amico di Mario Pisani dice: «Ho un buon ricordo perchè ci frequentavamo da giovani. Poi purtroppo io ho fatto un’altra strada. Ultimamente non lo vedevo molto. Nessuno si poteva aspettare quanto accaduto. Io sono un ex militare e anche io ho rischiato. Ma per lavoro non si può e non si deve morire».
Un altro cittadino ha ricordato «l’impegno di Mario Pisani con il Circolo Tennis e la Polisportiva Calcio San Marzano. Ha lasciato solo per questioni di lavoro perchè si era trasferito al nord. Una persona squisita e gentile con tutti».
Don Cosimo ha osservato che «Mario Pisani dal punto di vista caratteriale è stato una persona molto riservata. Non si vedeva quasi mai in piazza, al bar, ma era una persona di grande cuore. Un lavoratore non di professione ma per vocazione direi perchè lui nonostante la sua età amava ancora impegnarsi. Ma non tanto per un fine economico, per un fine sociale dal momento che aveva a cuore le sorti delle nuove generazioni. Da quello che so – ha riferito il parroco nell’omelia – lui manteneva attraverso questa azienda che aveva aperto una ventina di famiglie, 15-16 non so di preciso. E questo perchè amava condividere, amava portare la ricchezza della sua esperienza a coloro che si affacciavano al mondo della vita professionale e sociale. Una persona sempre attenta ai bisogni dell’altro. Vogliamo vedere in lui l’uomo, figlio di Dio, che non ha disdegnato di offrire la sua vita per gli altri».