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Stipendi al palo, scatta la protesta. La storia di Martina: «Io, vetrinista, lavoro 12 ore al giorno e ci rimetto»

«Vogliono aumentarci lo stipendio di pochi euro, ma dopo averci tolto tredicesime e quattordicesime. È accettabile? Per me no e per questo motivo sarò a Napoli per manifestare». Martina ha 45 anni, lavora come vetrinista per una grande catena di negozi di abbigliamento presente anche a Bari ed è pronta a scendere in piazza al…

«Vogliono aumentarci lo stipendio di pochi euro, ma dopo averci tolto tredicesime e quattordicesime. È accettabile? Per me no e per questo motivo sarò a Napoli per manifestare». Martina ha 45 anni, lavora come vetrinista per una grande catena di negozi di abbigliamento presente anche a Bari ed è pronta a scendere in piazza al pari di migliaia di altri pugliesi e lucani.

Da quanto tempo attendete il rinnovo del contratto collettivo di lavoro?

«Da tanto, troppo tempo. Ormai sono cinque anni, quindi aspettiamo da prima che il Covid si scatenasse. Il problema è che, mentre gli stipendi restano gli stessi, i prezzi di beni e servizi aumentano e i nostri datori di lavoro ci chiedono di lavorare fino a mezzanotte e oltre».

Qual è il vostro orario di lavoro?

«Lavoriamo ancora su orari spezzati. Significa che siamo costretti a fare la spola tra casa e il posto di lavoro anche quattro volte al giorno. Quanto alle domeniche, il mio “vecchio” contratto mi garantisce una maggiorazione del 30% ma solo a patto che io lavori per 24 domeniche l’anno. I nuovi contratti, cioè quelli stipulati da un decennio a questa parte, prevedono addirittura l’obbligo di lavorare anche di domenica e nei festivi senza maggiorazione».

Concretamente che cosa vuol dire?

«Esco di casa prima delle 9 e, se tutto va bene, rientro alle 20. Altre volte mi capita di rincasare alle 21.30 o anche più tardi. Ovviamente la spola casa-negozio comporta spese per la benzina che si aggirano intorno ai 300-400 euro al mese. Perciò spesso pranzo sul posto di lavoro. E anche qui ci sono le dolenti note: l’azienda ci riconosce un buono pasto di soli tre euro con i quali, ormai, non si compra nemmeno una bottiglietta d’acqua. Quindi devo rimetterci altri soldi».

Riesce ad arrivare a fine mese?

«Sì, ma solo perché mio marito lavora e non abbiamo figli. Chi ha figli lavora solo ed esclusivamente per pagare la baby-sitter. In entrambi i casi, comunque, la famiglia si vede in cartolina».

Ha tempo libero?

«Sono costretta a concentrare tutte le commissioni nel mio unico giorno libero settimanale. Non so cosa siano la palestra e svaghi simili. Raramente, nei fine settimana, vado a cena fuori con mio marito. Ma ripeto, capita raramente perché di domenica, molto spesso, sono in servizio».

Parteciperà alla manifestazione a Napoli?

«Sì. E anche perché, per aumentarci lo stipendio di 30 euro o poco più, vogliono negarci tredicesime, quattordicesime e permessi. Questo significa ledere i diritti di noi lavoratori. Su queste basi non si può trattare».

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