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Sentenze di morte e spaccio. Così funziona la social-camorra barese

Prosegue l’analisi sul rapporto tra la camorra barese e i social network nel colloquio tra il professore Francesco Minervini e il criminologo Domenico Mortellaro. Attraverso questo ormai fondamentale canale di comunicazione, i malviventi veicolano messaggi, alimentano determinate narrazioni criminali e “celebrano” parenti o affiliati defunti o carcerati. E anche i familiari dei boss utilizzano i…

Prosegue l’analisi sul rapporto tra la camorra barese e i social network nel colloquio tra il professore Francesco Minervini e il criminologo Domenico Mortellaro. Attraverso questo ormai fondamentale canale di comunicazione, i malviventi veicolano messaggi, alimentano determinate narrazioni criminali e “celebrano” parenti o affiliati defunti o carcerati. E anche i familiari dei boss utilizzano i social network, magari per festeggiare compleanni, scarcerazioni o rinsaldare legami criminali.

Minervini: «E ritorniamo a parlare del rapporto tra social e camorra, in particolare barese: una forma di innovazione che ha cambiato la comunicazione e ha dato una spinta in avanti vertiginosa nella costruzione di un’immagine….»

Mortellaro: «Esiste una forma spontanea e pericolosa di social-camorra, ed è quella portata avanti da livelli oscuri dell’organizzazione, spesso figure situate in un luogo poco individuato delle complesse articolazioni. Non scomodiamo la Spectre di James Bond, ma immaginiamo di sicuro figure insospettabili, marginali rispetto alla narrazione pubblica ma in contatto con più figure apicali differenti».

Minervini: «Che livello di pericolosità hanno?»
Mortellaro: «Da profili come questi, complicatissimi da tracciare finché non diventano preoccupantemente virali, vengono diffuse notizie, allarmi, sentenze di morte. È il caso inquietante delle tante pagine che, dopo il pentimento dei fratelli Telegrafo di ormai quasi due anni fa, per una stagione intera hanno infestato le pagine di TikTok con una sorta di toto-pentiti, con la segnalazione di chi era pronto per collaborare, con formazioni calcistiche costituite da quelli che venivano definiti “prossimi sicuri infami».
Minervini: «Per un quinquennio buono tutti questi segnali sono stati preoccupantemente sottovalutati».

Mortellaro: «Si sono scomodate le vecchie e pericolose logiche della sottovalutazione, le narrazioni che inneggiavano al folklore, la tendenza a liquidare quel che non si comprende in forma marginale di ignoranza. Nel frattempo, chi doveva ha fatto ancora campagna acquisti, raggiungendo fasce di popolazione prima abbastanza lontane. Prova ne sia la enorme capacità di penetrazione, certificata da sentenze, del sistema dello spaccio curato dai clan nel settore delle scuole superiori e nelle fasce più insospettabili della gioventù barese».

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