Niente ori nè ebano, e nemmeno il cocchio tirato dai cavalli bianchi, di Casamonica memoria. Ma per la sepoltura di Giuseppe Buscemi, 73enne capostipite dello storico clan di Valenzano, spentosi “in esilio” a Palermo, agli arresti domiciliari con sua moglie Antonia Stramaglia per concorso in associazione mafiosa, usura ed estorsione (con il compito di gestire il patrimonio del clan), la partecipazione è stata massiccia.
Il corpo di Buscemi senior, già composto in una bara di modesta fattura (data l’ora non è stato possibile trasferirlo in una più elegante), è arrivato al cimitero del paese alle porte di Bari in tarda ora, ma è stato accolto da centinaia di persone e da un serrato presidio delle forze dell’ordine, a controllare che tutto andasse senza imprevisti.
È arrivato con il buio, intorno a mezzanotte, ma l’ora tarda non ha impedito alle auto di occupare completamente i due parcheggi del cimitero (quello attiguo alla parte più vecchia e quello nuovo, antistante l’ingresso), e incolonnarsi per chilometri sul ciglio della strada che porta a Capurso.
Centinaia di estimatori del defunto, accorsi per dargli l’ultimo saluto. Vicini a sua nuora e agli altri parenti, ad amici e conoscenti, ai volti di numerosi commercianti fedelissimi alla famiglia dei Buscemi. A suo figlio Salvatore, in carcere dal 27 ottobre 2022 perché considerato dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari il “capo promotore e organizzatore dell’associazione mafiosa, con funzioni di comando assoluto ed esercizio della potestà direttiva e di controllo in ordine allo svolgimento della vita associativa e al perseguimento degli scopi del sodalizio”, non è stato consentito di lasciare la cella.
Buscemi jr è affiliato con il quinto grado camorristico (il cosiddetto “Vangelo”) a Ottavio Di Cillo, che a sua volta è direttamente affiliato al clan Parisi di Bari. Buscemi dirigeva e coordinava tutte le attività criminali del clan di Valenzano, quali il traffico di stupefacenti, recupero crediti con minacce, prestiti usurai, estorsione con imposizione delle slot-machine negli esercizi commerciali, supervisione della gestione degli interessi economici del clan tramite il riciclaggio ed impiego degli introiti di illecita provenienza. Per lui i pm Buquicchio e Ruggiero alcuni mesi fa hanno chiesto una condanna a 20 anni di reclusione, per i suoi genitori “solo” 12.
Di recente Buscemi senior aveva fatto realizzare una cappella privata, per “ospitare” l’altro figlio, Michele, ucciso a colpi di pistola, appena 31enne, il 13 gennaio 2008 e per alcuni anni seppellito in un campo vicino. Ed è lì ora, su un altarino, che campeggiano le due grandi foto, vicine, mentre interno e ingresso sono colorati di rose e gerbere bianche, rosse vermiglie e margherite gialle. “Gli amici del locale” tra chi li ha commissionati, ma anche una famiglia e altri estimatori residenti fuori provincia. All’interno anche una sedia in pelle bianca, dove lui sedeva quando restava per ore accanto alla tomba di Michele.
Fiori, tanti, anche sabato scorso, quando si è celebrato in una gremitissima chiesa di San Rocco il trigesimo di Giuseppe Buscemi: oltre un centinaio di persone ha affollato la messa delle 19, al punto tale che chi non “apparteneva” alla commemorazione è stato fatto spostare in una zona a parte.
Dei Buscemi si parlò a lungo, nell’estate del 2016, quando in occasione della festa patronale, di San Rocco, appunto, fu fatta volare una mongolfiera con la scritta “Famiglia Buscemi, Viva San Michele, Viva San Rocco”, considerata dai più (e dalla Procura che aprì un’inchiesta) uno sfoggio di potere mafioso, uno schiaffo alla religiosità del momento. Il caso finì anche in Parlamento per un’interrogazione dell’allora deputato barese del Pd, Dario Ginefra, e fece partire terremoto che portò allo scioglimento del Consiglio comunale di Valenzano per infiltrazioni mafiose.