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Rissa tra detenuti nel carcere di Taranto: «Si affrontano per far capire chi comanda»

«L'altra sera una decina detenuti armati di bastoni ricavati dai tavoli utilizzati per mangiare, ha sfondato il cancello che chiude il reparto detentivo del carcere di Taranto per spostarsi nell'altro reparto al fine di guerreggiare con altri detenuti di fazioni diverse, sia per saldare conti in sospeso che per far capire chi comanda». Lo riferisce…

«L’altra sera una decina detenuti armati di bastoni ricavati dai tavoli utilizzati per mangiare, ha sfondato il cancello che chiude il reparto detentivo del carcere di Taranto per spostarsi nell’altro reparto al fine di guerreggiare con altri detenuti di fazioni diverse, sia per saldare conti in sospeso che per far capire chi comanda». Lo riferisce Federico Pilagatti della segreteria nazionale del Sappe, aggiungendo che «fortunatamente il poliziotto addetto è riuscito prontamente a chiudere altri cancelli di sbarramento, evitando così la tragedia».

Questa volta sarebbero stati coinvolti detenuti tarantini e baresi, mentre a metà settembre si verificò un episodio analogo tra detenuti tarantini e leccesi. In quella occasione la rissa provocò numerosi feriti e contusi, tra cui due detenuti e tre agenti di polizia penitenziaria, che dovettero ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso.

Pilagatti spiega che «qualche giorno fa altri detenuti hanno cercato di strappare le chiavi delle stanze al poliziotto in servizio per poter uscire in massa nei corridoi, al fine di spostarsi negli altri reparti detentivi sempre per lottare tra di loro», ma un poliziotto penitenziario è riuscito «a resistere, riportando danni alla mano».

Il sindacalista ricorda il grave problema di sovraffollamento del carcere di Taranto «che doveva ospitare 310 detenuti, mentre oggi ne contiene 780, senza che sia stato aggiunto un solo poliziotto all’organico».

Dopo averle «provate tutte – conclude Pilagatti – per attirare l’attenzione dell’amministrazione penitenziaria (sit-in, scioperi della fame, agenti incatenati, tesserini bruciati ed esposti alla Procura della Repubblica) non rimane che pregare».

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