Rissa tra 13enni a Cerignola, parla la mamma di una delle ragazzine: «Atto ingiustificabile, mia figlia non è un mostro»

A due passi dal commissariato di Cerignola e in un’area che periferica non è, persino in un’ora non proprio notturna. Eppure, due ragazzine adolescenti hanno messo in scena un match di lotta libera con tanto di coetanei a far da ola e soprattutto a girare video e scattare foto, dandosele di santa ragione. È successo, per paradosso sul selciato di largo Baden Powell, il fondatore dei boy scout. Insegnamenti che i ragazzi protagonisti della violenta scena non devono aver appreso, così come i rudimenti della buona educazione.

Calci, pugni, schiaffi, capelli tirati, parolacce e urla da stadio hanno contribuito a rendere virale il filmato che “come la freccia dall’arco scocca”, cantava Fabrizio De Andrè, è voltato di smartphone in smartphone via whatsapp, facendo cadere nel vuoto gli appelli di tanti, compresa la commissaria di Polizia, Loreta Colasuonno, e la vicesindaca, Maria Dibisceglia, per evitare che la violenza venisse ulteriormente diffusa, le quali hanno chiesto a tutti di bloccare gli invii. «Mi sono vergognata», è stato l’amaro commento dell’assessora al welfare che con sforzo sta provando a far passare messaggi e iniziative educative.

Gli interrogativi il giorno dopo l’evento sono stati tanti e anche le giustificazioni. C’è persino chi tra i coetanei delle protagoniste della violenza si è inerpicato su scivolosi specchi definendo quelle intemperanze un’esibizione di ballo da strada. Restano, invece, le domande su come due giovanissime ragazze siano venute alle mani. Quali siano i modelli emulati e soprattutto fin dove è pervasa la cultura della violenza in una società, come quella cerignolana, dove il bullismo è modello per molti.

Ci ha provato il vescovo, monsignor Fabio Ciollaro, in occasione della Pasqua a richiamare l’attenzione sulla sottocultura della violenza e della droga. Ci provano le Istituzioni con iniziative dedicate e anche la scuola non lesina interventi educativi e formativi. E le famiglie? Tra chi ha assistito e chi ha partecipato la mamma di una delle due ragazze non vuole tacere, affermando che «è un atto ingiustificabile – dice Arianna Capocefalo – così come lo è la diffusione del video fa parte di un coetaneo». E proprio per la consapevolezza che ci si trova di fronte a un accaduto grave che Arianna si è rivolta «ai servizi sociali del Comune per segnalare l’accaduto che ripeto reputo grave, e per fare in modo che queste cose non si ripetano più e affinché mia figlia possa essere seguita in un percorso specifico, anche se breve. Ma non siamo dei mostri, mia figlia ha sbagliato, ma non è un mostro», conclude Arianna che chiede adesso silenzio, soprattutto perché ciò che ferisce «sono i commenti, che mi hanno additato come una cattiva madre. Le notizie vanno date lo capisco, ma commentare con quei toni ferisce. Io non ho mai preso una multa e sfido chiunque a contestare come sia difficile seguire e capire un adolescente», è l’amaro sfogo.

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