Sarà depositato lunedì il ricorso del procuratore di Potenza, Francesco Curcio, contro la misura cautelare firmata dal gip Salvatore Pignata, con cui il 29 maggio scorso sono finiti ai domiciliari il giudice Pietro Errede, il suo compagno avvocato Alberto Russi, i commercialisti Marcello Paglialunga, Emanuele Liaci e Massimo Bellantone.
La Procura lucana ricorre in appello per la parte in cui non sono stati ritenuti penalmente perseguibili altri episodi corruttivi, sia a carico di Errede che di altri professionisti e magistrati coinvolti nell’inchiesta sulla gestione del tribunale fallimentare di Lecce. Episodi che, sia pure potenzialmente indicativi di una spregiudicatezza nell’affidamento degli incarichi, tuttavia per il gip non sarebbero connotati da elementi di reato. Tra questi, l’episodio del 17 gennaio 2022, relativo alla vendita all’asta di un elegante immobile in via Parini, nel centro di Lecce. Avendo saputo che la struttura era stata messa all’asta, tramite il commercialista (indagato) Giuseppe Evangelista (al quale aveva fatto avere numerosi incarichi in altrettante procedure fallimentari) Errede avrebbe saputo in anticipo i nomi dei partecipanti e, allo scopo di aggiudicarsela per intestarla poi a sua sorella, avrebbe fatto in modo che i potenziali concorrenti desistessero dal parteciparvi.
Ma non solo. Tra le accuse della Procura di Potenza, riportate nella richiesta di custodia cautelare, c’è anche il voluminoso capitolo riservato al presidente di sezione, Alessandro Silvestrini, in concorso con Massimi Bellantone. E ancora, la vicenda del Rolex Daytona, “merce di scambio”, come la definisce lo stesso gip con Bellantone, interessato a provvedimenti sulla procedura “Pgh Barone di mare”, un gigantesco complesso turistico, il “Villaggio Barone di Mare” a Torre Dell’Orso. Il complesso turistico, proprio di recente, ad aprile scorso, è tornato nelle disponibilità dei proprietari dopo due anni (uno di controllo giudiziario e uno di amministrazione giudiziaria). In cambio di orientamenti a lui positivi, Bellantone avrebbe garantito al giudice Errede l’acquisto a prezzi stracciati di quel prezioso orologio tanto desiderato.
Nelle carte dell’inchiesta, oltre agli ormai noti nomi degli indagati, ne compaiono molti altri sui quali, al momento, c’è riserbo legato all’allargarsi delle indagini. Nomi di figure niente affatto marginali, che in concorso con Piero Errede potrebbero aver avuto un ruolo nel realizzare e gestire la rete che, per anni, avrebbe assegnato incarichi, pilotato il destino di aziende in crisi, arricchito sempre gli stessi professionisti. Quel cerchio magico che si ritrovava a cena nei circoli, in barca a vela, o negli incontri romani, negli ambienti vicini alla Lega e a Forza Italia, bussava ai ministeri per sistemare negli elenchi degli amministratori giudiziari le persone giuste.