Punta Perotti: la storia infinita. Un anno e mezzo fa l’ultima udienza

«I giudici si riservano per la decisione». Si celebrava così, con queste parole ormai un anno e mezzo fa, l’ultimo miglio della vicenda Punta Perotti. Quella, per intenderci, che vede contrapposti da una parte la Sud Fondi srl (della famiglia Matarrese) attualmente in liquidazione, dall’altra Comune di Bari, Regione Puglia e ministero della Cultura.

Dalle due parti opposte della barricata legale per il risarcimento dei danni derivati dalla confisca dei terreni dove sorgevano i palazzi di Punta Perotti e il relativo abbattimento. Solo l’ultima battuta, in attesa di definizione, di una vicenda cominciata ad aprile 2006, con la demolizione dei blocchi che, costruiti di traverso al mare (dai gruppi Matarrese, Andidero e Quistelli), furono ritenuti abusivi e una benda sull’orizzonte.

In sostanza, secondo la Procura (poi Procura generale e Cassazione) violavano la legge Galasso che prescriveva che gli immobili dovessero tenere una distanza minima dal mare di almeno 300 metri. La demolizione, 16 anni fa, fu però solo l’inizio di un valzer di ricorsi e controricorsi che ancora non si ferma. Nel 2014 il tribunale di Bari, in primo grado, aveva respinto la richiesta di risarcimento avanzata dalla Sud Fondi, facendo riferimento alla somma liquidata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (circa 37 milioni di euro).

In realtà il risarcimento riconosciuto dalla Cedu, che condannava l’Italia per la vicenda, riguardava semplicemente il mancato godimento dei suoli a causa della confisca disposta dalla magistratura. Il tribunale, al contrario, aveva ritenuto che la somma comprendesse già tutti i danni. E per questo aveva dato parere negativo alla richiesta della società dei Matarrese che per questo avevano presentato, tramite i commissari liquidatori, ricorso in appello.

Nel marzo 2019 i giudici di secondo grado hanno accolto la richiesta avanzata dalla società, disponendo una consulenza tecnica che quantificasse i danni patiti per l’abbattimento. E hanno dato incarico, per questo, a un collegio di periti non baresi: la professoressa Gabriella De Giorgi, docente di diritto amministrativo dell’Università del Salento e urbanista, l’ingegner Raffaele dell’Anna, anche lui di Lecce, e un commercialista brindisino, Franco Botrugno.

Le prime conclusioni sono arrivate a ottobre 2020: il danno era stato quantificato in 144 milioni di euro circa. Ma a gennaio 2021 c’è stata una correzione al rialzo, a seguito di alcune osservazioni dei legali della Sud Fondi in liquidazione. Si è così passati ad una richiesta di risarcimento del danno che oscilla tra 174 a 212 milioni di euro.

La cifra richiesta da Sud Fondi comprende diverse spese. Da quelle legali sostenute a quelle pagate dagli imprenditori a chi ha redatto i progetti. Ci sono i costi dei lavori di costruzione, i mancati ricavi, il controvalore dei suoli sui quali nel frattempo è sorto il “Parco della Legalità” e l’Ici con gli oneri di urbanizzazione pagati al Comune. Che, nel frattempo, aveva chiesto alla Sud Fondi l’Imu che gli spettava per i suoli sui quali il complesso era stato realizzato: dagli 11 milioni iniziali ai 5,4 milioni di euro.

È passato un anno e mezzo da quando le opposte posizioni sono state illustrate in un’udienza cardine. La questione, non di certo di lana caprina, merita un esame approfondito e uno studio particolarmente accurato.

È assolutamente comprensibile, dunque, che i giudici della terza sezione civile della Corte d’appello di Bari abbiano preso tempo per la decisione. Ma il tempo, tanto tempo, sembra essere trascorso. Ci si augura, dunque, che il tempo della decisioni sia arrivato.

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