Provò a versare benzina su un’assistente sociale ad Andria: condannata una 49enne

Dopo 5 anni e 5 mesi, si è celebrato con rito abbreviato il processo nei confronti della donna che aggredì un assistente sociale versandogli addosso una bottiglia di benzina con l’intento di dargli fuoco. Annalisa Aramini, 49 anni, è stata condannata ad 8 mesi di reclusione, pagamento spese processuali e risarcimento dei danni.

L’assistente sociale è stato assistito dall’avv. Maddalena Merafina e si è costituito parte civile.

I fatti

Nell’aprile 2019 accadde che la donna, in seguito all’allontanamento del figlio decretato dal Tribunale per i Minorenni in quanto vittima di gravi maltrattamenti in famiglia, pensò bene di entrare nell’Ufficio dei Servizi sociali del Comune di Andria portando con sé una bottiglia piena di benzina e un accendino, con il fine dichiarato più volte di farla pagare a quell’assistente sociale che aveva dato esecuzione al provvedimento del giudice. Una volta entrata nella stanza, dopo una serie di contumelie riuscì a sfilare dalla sua borsa una bottiglia travisata e versò il liquido infiammabile sull’assistente sociale.

Fu bloccata dagli agenti della Polizia locale presenti in ufficio prima che riuscisse a portare a conclusione l’intento criminoso. La donna fu poi denunciata a piede libero e continuò a minacciare l’assistente sociale e i suoi figli, verso i quali fu attivato dalle forze dell’ordine un servizio di vigilanza e protezione per alcuni mesi.

La risonanza

L’evento, per la sua inaudita gravità, ebbe una vasta eco a livello regionale e nazionale, con manifestazioni di solidarietà e vicinanza.
Gli assistenti sociali, infatti, al pari di medici e infermieri (come ci raccontano le recenti cronache), sono professionisti particolarmente esposti alla violenza, vittime di minacce e aggressioni fisiche o verbali, soprattutto quando si occupano di protezione dei bambini e delle bambine dalle violenze intrafamiliari.

Tuttavia al processo l’Ordine professionale degli Assistenti sociali non si è costituito parte civile (contraddicendo quanto aveva dichiarato nell’imminenza del fatto), perdendo l’occasione di richiamare l’attenzione delle istituzioni sul tema della prevenzione e del sostegno ai professionisti, lasciati soli nei processi di tutela dei più deboli e in uffici inadeguati senza un minimo di accorgimenti di tutela dei dipendenti.

«Si rischia ogni giorno – racconta la vittima -, affidandosi alla speranza che non succeda. E non dovrebbe essere così. Questa sentenza ribadisce che non possono essere tollerati tentativi di intimidazione verso i professionisti dell’Ente pubblico impegnati nella tutela dei soggetti più fragili».

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