I legali degli imputati nel processo per il naufragio della nave Norman Atlantic, avvenuto la notte tra il 27 e il 28 dicembre 2014 e in cui morirono 31 persone e altre 64 rimasero ferite, hanno chiesto l’assoluzione per i propri assistiti.
«L’ingegner Angelo Boscolo ha previsto il piano di sicurezza dell’ambiente di lavoro» della Norman Atlantic, «un piano approvato dal ministro dei Trasporti e mai smentito da circolari successive». Una circostanza, questa, che per i difensori del progettista esclude la sua implicazione colposa nel naufragio della nave. Lo ha evidenziato l’avvocato Alberto Mittone nel corso del processo.
«Boscolo – ha aggiunto il legale – è stato consulente della società di navigazione Visemar», proprietaria del traghetto, «ma essere consulente significa essere in possesso di un contratto che deve avere un oggetto, una data iniziale e una data finale». Il contratto fra Boscolo e Visemar, secondo la difesa, «è stato legato alla preparazione di documenti rispetto al varo di alcune navi della società», fra le quali anche il traghetto Norman Atlantic, «e non si è protratto oltre il 31 dicembre 2009». Cinque anni dopo, quando la nave è affondata, non c’era quindi più alcun contratto in essere fra Boscolo, imputato nel procedimento, e Visemar.
Per questo la difesa, attraverso l’avvocato Filiberto Palumbo, ha chiesto al presidente del Collegio della prima sezione penale del Tribunale di Bari, Marco Guida, che Boscolo sia «assolto» dall’accusa di cooperazione colposa nel disastro, un’accusa che secondo la difesa non regge perché il progettista «ha agito quattro anni prima del disastro e non poteva prevedere un evento di quel tipo». Resta da capire, ha aggiunto Palumbo, «se l’ultimo capo di imputazione a suo carico, cioè l’omissione colposa relativa alla presenza di camion accesi durante la navigazione, da sola abbia generato il disastro» perché su questa circostanza non è stato provato che ci sia un nesso di causalità con il naufragio.
Nell’udienza di oggi sono state discusse anche le posizioni di tre marinai della Norman Atlantic: Alfonso Borrelli, Vitantonio Berlen e Pietro Dipalma. Il difensore Luca Castellaneta ha spiegato ai giudici che, relativamente ai primi due, «non è possibile sostenere che la morte dei passeggeri caduti in mare sarebbe stata evitata se le operazioni di approntamento della lancia di salvataggio fossero state effettuate a dovere» perché, ha aggiunto, «c’era già una folla da stadio incontrollabile» sul ponte della nave «che ha minato l’efficacia delle operazioni di salvataggio dell’equipaggio». Il legale ha dunque chiesto l’assoluzione dei due marinai dal reato di omicidio colposo «perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto». Quanto al reato di abbandono della nave, ha chiesto che siano assolti «perché il fatto non sussiste o, in subordine, non doversi procedere per avvenuto decorso dei termini prescrizione».
Quanto a Dipalma, il pm Ettore Cardinali ha contestato il reato di cooperazione colposa in omicidio colposo perché, con la sua condotta omissiva, il marinaio avrebbe causato la morte dei passeggeri a causa della caduta in mare dal Mes, il sistema di evacuazione marino, di sinistra. Il legale ha precisato che «non c’è stato abbandono del posto e non c’è un legame causale fra la condotta di Dipalma e l’eventuale caduta dei passeggeri in mare». Anche in questo caso è stata quindi chiesta l’assoluzione.