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Processo al ginecologo Miniello: testimonieranno 20 ex pazienti e la segretaria del suo studio

Sono 20 le donne disposte a testimoniare in favore del ginecologo barese 69enne Giovanni Miniello, a processo per violenza sessuale aggravata, dopo aver trascorso quasi cinque mesi di arresti domiciliari e un anno (appena trascorso) di interdizione dalla professione. In attesa della prossima udienza del processo, il 6 luglio, le parti affilano le armi organizzando…

Sono 20 le donne disposte a testimoniare in favore del ginecologo barese 69enne Giovanni Miniello, a processo per violenza sessuale aggravata, dopo aver trascorso quasi cinque mesi di arresti domiciliari e un anno (appena trascorso) di interdizione dalla professione. In attesa della prossima udienza del processo, il 6 luglio, le parti affilano le armi organizzando le rispettive liste dei testimoni.

In quella del professionista barese, difeso dall’avvocato Roberto Sisto, ci sono 34 persone, 20 delle quali ex pazienti chiamate a raccontare del loro rapporto professionale con Miniello. L’idea della difesa, con ogni probabilità, è dimostrare che i metodi del ginecologo, ritenuti illeciti e basati su evidenze non scientifiche, sarebbero stati invece del tutto corretti.

Per questo, alle 20 pazienti saranno poste domande sulle terapie somministrate, così come sulla disposizione della stanza nel quale riceveva l’imputato. Oltre a loro, sarà convocata come teste a discarico, la segretaria dello studio medico, probabilmente perché risponda su ciò che può aver visto e sentito durante le numerose visite private che l’uomo effettuava.

Ed è stata proprio una di quelle visite, che il programma televisivo Le Iene ha mandato in onda, con l’aiuto di una complice, che aveva fatto esplodere lo scandalo e avviare l’inchiesta. Secondo l’accusa, sostenuta dai procuratori Roberto Rossi e Giuseppe Maralfa, e dalle pm Larissa Catella e Grazia Errede, il medico sarebbe responsabile di una serie di reati di violenza sessuale aggravata tentata e consumata e anche di lesioni personali di tipo cronico, consistenti in disturbo da stress post traumatico.

Nella prima udienza dinanzi al tribunale di Bari l’avvocato Sisto ha chiesto di non ammettere come parti civili alcune associazioni antiviolenza, perché si trovano fuori dal territorio della Città metropolitana di Bari, luogo nel quale avrebbero avuto luogo le presunte violenze. Chiesta anche la non ammissione di altre parti civili che avrebbero fatto domanda «tardivamente» rispetto ai limiti temporali imposti dalla riforma Cartabia. Fra queste c’è l’Ordine dei medici di Bari.

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