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Presunte torture in carcere a Bari: 11 i rinvii a giudizio

Rinviati a giudizio per le presunte torture a danno di un detenuto con patologie psichiatriche 11 tra agenti di polizia penitenziaria e infermieri in servizio nel carcere di Bari. L’episodio risale al 27 aprile 2022. A deciderlo è stata questa mattina la giudice per l’udienza preliminare Rossana De Cristofaro. Per gli imputati il dibattimento inizierà…

Rinviati a giudizio per le presunte torture a danno di un detenuto con patologie psichiatriche 11 tra agenti di polizia penitenziaria e infermieri in servizio nel carcere di Bari. L’episodio risale al 27 aprile 2022. A deciderlo è stata questa mattina la giudice per l’udienza preliminare Rossana De Cristofaro. Per gli imputati il dibattimento inizierà il prossimo 21 giugno davanti al Tribunale di Bari.

Secondo l’accusa, sei agenti della polizia penitenziaria avrebbero torturato un detenuto di 41 anni dopo che questi aveva dato fuoco a un materasso nella sua cella. Le violenze sarebbero iniziate lungo il percorso dalla cella all’infermeria, con il personale che – si legge negli atti giudiziari – sarebbe intervenuto “con violenze gravi e agendo con crudeltà” prima scaraventandolo sul pavimento, poi colpendolo con calci e schiaffi sulla schiena, sul torace, sui fianchi e sul volto. Il detenuto sarebbe poi stato sottoposto “per circa quattro minuti a un trattamento inumano e degradante”. Uno degli agenti, per tenere fermo il detenuto, lo avrebbe bloccato mettendosi di peso sui suoi piedi.

La giudice ha ammesso al processo con rito abbreviato tre imputati che ne avevano fatto richiesta: il sovrintendente di polizia penitenziaria Domenico Coppi, l’agente Roberto Macchia e il medico Gianluca Palumbo. In totale sono undici gli agenti coinvolti: tre sono finiti ai domiciliari e sei sono stati sospesi fino a 12 mesi nel novembre 2022.

Ai poliziotti non accusati di tortura la Procura contesta di non aver fermato e di non aver denunciato le violenze. Anche gli infermieri saranno processati per omessa denuncia, mentre il medico (che ha scelto l’abbreviato) è accusato anche di falso in atto pubblico per non aver refertato le ferite riportate dal detenuto.

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