Palazzo San Gervasio, 22enne morto nel Cpr. L’appello: «La salma torni in Marocco»

«Lo Stato che avrebbe dovuto proteggerlo faccia tornare a sue spese la salma di Oussama nella sua terra», lo dice la Cgil in una missiva al governo. Come Cristo in croce il corpo di Belmaan Oussama è nell’obitorio di Potenza, in attesa di sepoltura, da 26 giorni, dopo l’autopsia attende sepoltura.

Il giovane marocchino di 22 anni è morto nel CPR (acronimo che sta per Centro di permanenza per i rimpatri), di Palazzo San Gervasio (provincia di Potenza), il luogo dove vengono tenuti i migranti irregolari, a cui non viene riconosciuto il diritto di restare in Italia. Il giallo sulla sua morte, apparsa all’inizio come suicidio, si infittisce sempre di più anche per le dichiarazioni della madre (che è in Marocco) che dice di aver saputo che il giovane sarebbe stato picchiato e gli sarebbe stata fatta poi una siringa che lo avrebbe fatto stramazzare a terra, lei dice di averlo saputo dai suoi amici. Di certo non è stato ricoverato prima della sua morte (come invece aveva detto la direttrice del CPR) per problemi psichici. Non c’è traccia nell’ospedale di Potenza se non quando è arrivato come cadavere. E non è certo rassicurante la relazione del Tavolo Asilo che, con una delegazione di parlamentari e sindacalisti, è entrata nel Cpr, nella relazione si definisce la struttura «disumana».

La solidarietà

Il Comitato per il Forum Immigrazione Basilicata (Adan, Filocontinuo, Mimosa, Cestrim, Filef, Human Flowers, Le Rose di Atacama, Auser Cosmopolis, Osservatorio migranti Basilicata, Iskra) ha organizzato una colletta per il rientro della salma del giovane marocchino (incensurato, perfettamente sano stando alle carte quando è entrato nel CPR). A oggi sono stati superati i quattromila euro, che serviranno per le spese necessarie al rimpatrio. Le risorse restanti andranno alla famiglia. «Sono le istituzioni che dovrebbero intervenire – dice il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito. – e pagare il rientro della salma, una volta entrato nel CPR il giovane era sotto la tutela dello Stato, che non lo ha protetto. Almeno da morto lo Stato potrebbe prendersi cura della sua famiglia e ordinare il rimpatrio».

Il caso in Parlamento

La storia inquietante è arrivata in Parlamento: «Ho presentato un’interrogazione al Ministro dell’Interno affinche’ il Governo fornisca chiarimenti sul caso di Oussama Darkaoui. Nonostante l’assenza di precedenti penali e la detenzione per la mancanza di un permesso di soggiorno, le autorita’, i medici e la direttrice del CPR hanno descritto Oussama Darkaoui come un soggetto instabile e autolesionista, ricoverato in ospedale per aver ingerito dei pezzi di vetro, che ne avrebbero causato il decesso».

Così scrive in una nota il Senatore Ivan Scalfarotto, capogruppo in commissione giustizia di Italia Viva. «Un altro migrante ha dichiarato che la mattina prima del decesso, Oussama Darkaoui aveva un “buco grande una moneta” sulla fronte e di aver visto, la sera dello stesso giorno, due persone trascinarlo a peso morto sul pavimento della sua cella – prosegue Scalfarotto – l’Azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza ha smentito che sia stato ricoverato o abbia effettuato un accesso in pronto soccorso o in ambulatorio». E ancora di legge nell’interrogazione: «Ho chiesto al Ministro Piantedosi se sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda adottare al fine di chiarire ruoli e responsabilità del personale del CPR e del prefetto nella morte di Oussama Darkaoui, nonché nella ricostruzione sconfessata dall’Azienda ospedaliera regionale», conclude Scalfarotto.

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