«Non è stato picchiato ma ciò non esclude alcuna fattispecie di reato», compresi «l’omicidio doloso, colposo e un atto autolesionistico». Lo ha detto il procuratore di Potenza, Francesco Curcio, in riferimento alla morte di Belmaan Oussama, l’algerino 19enne ospite del Centro per i rimpatri (Cpr) di Palazzo San Gervasio.
Dopo il decesso del ragazzo, avvenuta nel pomeriggio di ieri, all’interno della struttura è scoppiata una rivolta che ha visto coinvolti circa 100 immigrati. Una parte del Cpr è stata data alle fiamme. La calma è stata ripristinata dopo circa tre ore.
Da un primo esame sul cadavere di Oussama non sono stati rilevati segni di violenza: «Questo – ha detto Curcio, che comunque ha disposto l’autopsia – è un punto fermo a tutela di tutti, sia dei trattenuti nel centro sia di chi deve tutelarli».
Il giovane, che era nel Cpr di Palazzo San Gervasio dal 24 maggio scorso, alcuni giorni fa aveva tentato di suicidarsi ingerendo alcuni pezzi di vetro. Per questo motivo era stato ricoverato nell’ospedale “San Carlo” di Potenza, venendo dimesso alcuni giorni dopo: «In teoria – ha spiegato Curcio – su di lui nel Cpr doveva esserci un controllo, ma al momento dei rilievi fatti ieri era presente un solo infermiere, deputato al controllo di 104 ospiti, e nessun medico».
Secondo il Procuratore della Repubblica, «dai primi accertamenti, al Cpr non si è in linea con lo standard di sicurezza della salute che sia degno di uno Stato civile».
Curcio ha sottolineato che Oussama, che ieri mattina doveva sottoporsi ad una terapia medica ma non si è presentato senza che però nessuno lo richiamasse, era in una stanza con altri tre trattenuti nel centro, «nessuno dei quali si è preoccupato di assisterlo o controllare le sue condizioni, al punto che si può ipotizzare che l’ora della morte sia intorno alle ore 15 di ieri, ma è stata comunicata solo alle 18».
Curcio ha aggiunto che, nello scorso mese di luglio, si sono concluse le indagini preliminari sulla passata gestione del Cpr di Palazzo San Gervasio, con avvisi notificati a 26 persone, tra medici, gestori, avvocati e agenti delle forze dell’ordine: i reati ipotizzati sono, a vario titolo, maltrattamenti, truffa ai danni dello Stato, corruzione, frode in pubbliche forniture e altri.