«Una vera e propria “svendita” del territorio del Comune di Otranto in spregio agli strumenti urbanistici vigenti ed alle norme di tutela del paesaggio». Su tutto e tutti, «un sistema delinquenziale di gestione e controllo, politico ed economico del territorio», «un programma criminoso stabile nel tempo, che ha determinato un centro di potere».
A tenere i fili, secondo la magistratura salentina, era Luciano Cariddi, ex sindaco di Otranto, candidato al Senato nel 2018, al quale era succeduto suo fratello Pierpaolo (entrambi sono finiti in carcere). Al loro fianco, nella gestione del sistema delinquenziale di potere, gli imprenditori Roberto De Santis, il presidente provinciale di Federalberghi Raffaele De Santis, Salvatore Giannetta (il re della grande distribuzione a Otranto) e Luigi Bleve, per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari, così come per l’ex responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Otranto Emanuele Maria Maggiulli, l’istruttore tecnico comunale Roberto Aloisio, l’ex responsabile dell’ufficio paesaggistico Giuseppe Tondo, il progettista ritenuto prestanome di Luciano Cariddi, Marco Maggio.
La storia che raccontano le mille pagine di ordinanza firmata dalla gip Cinzia Vergine su richiesta delle pm Elsa Valerina Mignone e Roberta Licci, è una storia di abusi e di potere, di gestione del territorio come proprietà esclusiva, utilizzata per scambi affaristici, nell’ambito di competizioni elettorali. Di incarichi professionali che garantivano accreditamento, ma soprattutto denaro.
Un mondo di mezzo che sfoggia pagine di spiagge, resort, masserie, villaggi, b&b e agriturismi, di una Puglia patinata, improvvisamente offuscata dall’ombra del malaffare. C’è lo storico stabilimento Twiga (mai realizzato, e per il quale nei giorni scorsi sono arrivate le condanne in primo grado) e il tentativo di realizzare nei pressi (in località Cerra) un’altra struttura grazie al nuovo Pug, c’è il villaggio Serra degli Alimini, “casa estiva dei baresi”, lo stabilimento balneare “Miramare”. Ci sono le pressioni, anche minacciose, di Roberto De Santis sulla comandante della capitaneria di porto di Gallipoli, perché revocasse il divieto di balneazione nella zona vicina al Twiga, avendo necessità di ottenere il dissequestro dell’area prima dell’udienza già fissata in Cassazione: «Se non vuole problemi … e poi deve dare una spiegazione. Qui ci vuole un pressing da parte del Comune… è importante per noi questa cosa … il bagno ci salva!».