«Complimenti ai carabinieri del comando per la Tutela del Patrimonio culturale per la brillante operazione contro un’organizzazione criminale di tombaroli, ricettatori e trafficanti internazionali di reperti archeologici». Lo ha detto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, commentando gli esiti dell’inchiesta “Canusium” condotta dalla Procura di Trani che ha portato all’emissione di misure cautelari nei confronti di 21 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata allo scavo clandestino.
«La “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” del ministero della Cultura, il database più grande al mondo nel suo genere, con oltre 1,3 milioni di files relativi a opere da ricercare, gestita in via esclusiva, alimentata e sviluppata sul piano tecnologico dai carabinieri del Tpc, si è rivelata ancora una volta uno strumento di fondamentale importanza ai fini investigativi», ha aggiunto il ministro.
Sono in tutto 51 gli indagati nell’ambito dell’operazione “Canusium” che ha portato oggi all’esecuzione di 21 provvedimenti cautelari, di cui 16 arresti, tra detenzione carceraria e domiciliare, e cinque obblighi di dimora e firma, tra Puglia, Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Trani, hanno accertato l’esistenza di una associazione per delinquere, con base operativa a Canosa di Puglia, finalizzata allo scavo clandestino, furto, ricettazione ed esportazione illecita di reperti archeologici e numismatici.
I reperti recuperati sono 3.586. Si tratta di monete, monili, brocche, crateri a campana, skyphos, kantharos, lucerne e fusi in ceramica di periodi storici differenti.
Ci sono infatti monete del periodo romano repubblicano (III-II secolo avanti Cristo), imperiale (I secolo avanti Cristo) e alcune del IV secolo avanti Cristo.
«Sono reperti con caratteristiche di rarità e pregio», ha evidenziato il magistrato della procura di Trani Francesco Tosto che ha coordinato le indagini dei carabinieri. «Lo sfruttamento di questi beni, il traffico, la circolazione illecita di questi tesori, il disvelamento di un autentico mercato sotterraneo di beni archeologici, specie di quelli numismatici, è un fenomeno che porta con sé un valore economico particolarmente rilevante», ha continuato il magistrato evidenziando che il fenomeno «è forse percepito di più oltre i confini nazionali ma innegabile».
La circolazione illegale di vasi e monete, ha aggiunto Tosto, «crea una sorta di economia parallela grazie a una struttura piramidale che si poggia sui tombaroli affiancati da ricettatori sempre più raffinati, fino ad arrivare a chi consente l’ingresso dei reperti nei circuiti di diffusione che ne rende difficile il recupero».
Il territorio di Canosa, fonte di approvvigionamento dei beni, ha concluso il magistrato, «è stato il focus iniziale delle indagini ed è ricchissimo dal punto di vista storico e archeologico e la tutela deve essere un valore assolutamente preminente; il depauperamento che questi fenomeni comportano incide sulla memoria collettiva e storica, ma anche sulla possibilità di valorizzazione economica e sulla fruizione di questi beni».