Si segue la pista mafiosa in relazione all’omicidio del 36enne Bartolomeo Pio Notarangelo, ucciso ieri a colpi di fucile in una zona impervia del Gargano, in località Tagliata a Mattinata.
A dare l’allarme nel pomeriggio di ieri ai carabinieri sarebbero stati i familiari che, non vedendolo rientrare, lo hanno cercato nei terreni di sua proprietà che aveva acquistato qualche anno fa. Hanno così ritrovato il corpo senza vita dell’uomo.
Ad occuparsi delle indagini sul delitto sono i carabinieri, coordinati dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Bari.
Bartolomeo Pio Notarangelo, con precedenti per droga e armi, aveva legami di parentela con la famiglia Quitadamo, ritenuta vicina ad ambienti criminali.
Antonio e Andrea Quitadamo – soprannominati Baffino – collaborano con la giustizia da alcuni anni e Notarangelo era cognato del più piccolo dei fratelli, Andrea.
La vittima aveva anche legami di parentela con Angelo Notarangelo, il boss ucciso a Vieste nel 2015 in un agguato mafioso, di cui, di recente, si è autoaccusato Marco Raduano, il boss, un tempo braccio destro di Angelo Notarangelo, ora divenuto da alcune settimane collaboratore di giustizia.
I carabinieri sono al lavoro in un contesto molto complesso, considerata l’assenza di telecamere e possibili testimoni. Lo scorso anno l’azienda di allevamento di bestiame della vittima fu raggiunta da una interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Foggia.
Il procuratore aggiunto Giannella: «Indaghiamo anche sulle parentele»
«Tutte le ipotesi sono al vaglio. Chiaro che si tratta di un delitto molto grave. Si iscrive in una lunga sequenza di delitti che infestano il Gargano da tanti anni. Vanno inquadrati i contesti e naturalmente anche le parentele». Così Francesco Giannella, procuratore aggiunto e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Bari.
Giannella, che a Manfredonia ha partecipato ad un evento per parlare di mafia organizzato dal Rotary club, ha sottolineato anche che «la cittadinanza deve essere attenta, non pessimista. Devo dire che il lavoro che è stato fatto negli ultimi anni soprattutto dopo la strage di San Marco in Lamis [avvenuta nel 2017 in cui persero la vita quattro persone, tra cui i due agricoltori innocenti, i fratelli Luciani, ndr] è enorme e i risultati si vedono. I processi ci sono, gli arresti tanti. Sono stati assicurati alla giustizia tantissimi componenti dei vari clan e poi il fatto che ci siano tanti nuovi collaboratori di giustizia testimonia il fatto che la pressione dello Stato sta avendo efficacia. I collaboratori di giustizia forniscono un grande contributo, ma è importante il contributo della cittadinanza».