Niente fuochi d’artificio. Gino “La Luna” vuole i toni bassi

Non li vuole i fuochi d’artificio al suo arrivo a Ceglie, ma sa bene che ci saranno, regola non scritta della fenomenologia mafiosa. Gino “La Luna”, 48enne fondatore e capo indiscusso del clan Strisciuglio, torna a casa dopo 22 anni di detenzione. A Bari non è ancora arrivato, un po’ per necessità, molto per scelta. Un elevato grado mafioso e tanta storia criminale ad annunciarlo, ma lui non vuole il clamore che gli si deve, per celebrarlo. Un fulmine a ciel sereno per gli inquirenti il suo ritorno, ma nemmeno tanto per chi, da oltre un anno, aspettava la pronuncia della Corte d’appello, riservatasi dopo un incidente di esecuzione. La sua uscita dal carcere di Milano Opera (dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita) è il frutto di tanta giurisprudenza, curata e ricapitolata dal suo difensore, l’avvocato Cristian Di Giusto. Sigismondo Strisciuglio, in sintesi, è tornato libero grazie allo “sconto” previsto dalla legge in termini di liberazione anticipata. La cronistoria giudiziaria dell’ultimo anno e mezzo parte dalla sentenza al termine del processo Agorà, nel quale era stato condannato a 14 anni, ritenuto il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e alle estorsioni. In sostanza, “Gino” e suo fratello Domenico avrebbero guidato il clan, ormai egemone su interi quartieri baresi e in molti comuni della provincia, dalle celle in cui erano reclusi.

La Corte d’appello, dunque, aveva riconosciuto la continuazione dei fatti con le precedenti sentenze. Tuttavia, dichiarava più grave l’ultimo reato così da poterlo individuare come pena base su cui applicare gli aumenti in continuazione delle precedenti condanne già espiate, ed evitare la scarcerazione. Successivamente, però, mediante un incidente di esecuzione richiesto dal difensore (risalente al marzo 2021 ma deciso solo ad agosto di quest’anno), la stessa Corte d’Appello ha chiarito tutti i passaggi relativi agli aumenti in continuazione e, di conseguenza, la Procura Generale ha dovuto inevitabilmente predisporre i nuovi cumuli parziali da cui è scaturita la scarcerazione. Alla sostituta procuratrice generale, Patrizia Rautiis non è rimasta altra possibilità che firmare l’ordine di scarcerazione, pur con qualche postilla critica sull’efficacia della rieducazione. «L’esecuzione della pena – scrive la magistrata – deve essere finalizzata alla effettiva e sostanziale rieducazione del condannato (e non già alla sola apparente regolare condotta, occasionalmente serbata nel corso di un semestre)».

Il ritorno a casa del potentissimo boss genera allora particolare preoccupazione tra gli inquirenti, soprattutto alla luce delle ultime fibrillazioni al quartiere San Paolo evidenziate dal brillante lavoro dei carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Bari. Il vuoto lasciato nel rione dal pentimento dei fratelli Telegrafo e dalla detenzione degli storici capi, ha consentito il riaccendersi delle aspirazioni del clan Vavalle che, tra picchiate e tentati omicidi, ha dichiarato guerra agli uomini di Sigismondo Strisciuglio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version