Nel 2022 le denunce di aggressione nella sola Asl di Bari sono state 42, 17 le denunce fisiche e verbali, 5 quelle fisiche e 20 le aggressioni verbali. A subirle il 40,4% di medici, il 28,5% degli infermieri, il 7,1% degli assistenti sociali, il 4,7% degli oss, percentuale analoga anche per gli amministrativi, e il 14,6% dal resto del personale (ausiliario, psicologo, farmacista, tecnico riabilitazione). Il 69% degli episodi è avvenuto ad opera di pazienti, il 28,5% di parenti, mentre il 2,4% da utenza non identificata. I centri più colpiti sono quelli di Salute mentale, i servizi per le dipendenze e psichiatrico, la neuropsichiatria, il pronto soccorso, mentre una percentuale del 28,6% diviene da altri reparti ospedalieri (ortopedia, ginecologia, geriatria, radiologia).
È la fotografia, definita «allarmante», scattata dal sindacato dei medici e dirigenti sanitari italiani (Annao Assomed) della Asl di Bari che registra una media di un episodio di aggressione al mese.
L’azienda sanitaria barese, commenta la segretaria aziendale Silvia Porreca, «ha il triste primato nelle aggressioni al personale sanitario. La nostra posizione, come piu’ volte espressa anche dal segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, è chiara – spiega -: fino a quando non si metteranno in atto tutte le condizioni per tutelare il personale sanitario nell’esercizio delle proprie funzioni, non faremo che contare le vittime. Occorre, lo ribadiamo, il riconoscimento del medico quale pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, l’inasprimento delle pene nei confronti degli aggressori, il rafforzamento dei sistemi di vigilanza in tutti i presidi, soprattutto quelli con maggiore vulnerabilità come reparti e centri psichiatrici e pronto soccorso».
Quel che occorre, aggiunge Porreca, è «il riconoscimento di pubblico ufficiale, perché la denuncia partirebbe in maniera automatica, senza che sia la vittima a doverlo fare, cosa che – come evidenziano i dati – purtroppo nella maggior parte dei casi non avviene per paura di affrontare da soli ritorsioni ben peggiori. Il livello di stress legato alla malattia e le lunghe attese, rendono l’utente aggressivo e l’operatore sanitario la vittima predestinata. Fino a quando non attueremo queste semplici misure, continueremo a piangere e contare vittime. E continueremo – conclude Porreca – a lasciare famiglie a piangere per sempre un proprio caro».