Morto a causa del fumo passivo respirato in carcere: maxi risarcimento per la famiglia di un poliziotto

Il ministero della Giustizia dovrà risarcire la famiglia di un poliziotto penitenziario in servizio presso il carcere di Lecce con un milione di euro.

È quanto ha stabilito il tribunale del capoluogo salentino, con una sentenza della giudice Silvia Rosato depositata il 5 settembre scorso, a seguito della morte del poliziotto avvenuta per un tumore ai polmoni.

A darne notizia è il segretario del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) della Puglia, Federico Pilagatti.

«Con questa sentenza che è la prima in Italia – afferma – il collega morto a 44 anni di tumore ai polmoni, senza aver mai fumato nella sua vita, ma costretto ad inalare nella sua breve vita per ore ed ore il fumo passivo durante l’orario di lavoro potrà riposare in pace, mentre la moglie potrà avere un pur minimo riconoscimento per l’immane dolore sopportato, e le gravi fatiche per andare avanti e tirare su tre bimbi piccoli»

Il sindacato, prosegue Pilagatti, «è ben cosciente che la sentenza non elimina le gravi problematiche connesse al fumo passivo poiché le strutture penitenziarie sono quelle che sono, come pure sappiamo che non si può togliere la possibilità ai detenuti di fumare del tutto», prosegue. «Quello che chiediamo con urgenza – aggiunge – è l’installazione nelle sezioni detentive del maggior numero di aeratori possibile, il riconoscimento di tutte le patologie contratte dai lavoratori connesse con il fumo passivo dipendenti da causa di servizio con categoria, la dotazione dei poliziotti di presidi sanitari (mascherine) per una maggiore protezione dal fumo e la previsione di un’indennità specifica per i poliziotti che lavorano a contatto con la popolazione detenuta, per compensare il rischio sanitario a cui vanno incontro».

Il Sappe, dunque, «chiede al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di intervenire presso il Ministro Nordio affinché non proponga nessun appello poiché le responsabilità sono chiare e dimostrate, per cui un ricorso servirebbe solo per perdere tempo e non per fare giustizia uccidendo un’altra volta il collega morto e lo impegni a presentare le richieste del sindacato, già al prossimo consiglio dei ministri, come primo atto di risarcimento per i danni causati a migliaia di poliziotti, costretti a lavorare in ambienti altamente inquinati per anni», conclude Pilagatti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version