Benefattore, disposto a prestare il suo “servigio” per guarire dal papilloma virus. Si arricchisce di nuovi particolari e di altre denunce il fascicolo d’inchiesta a carico del ginecologo barese Giovanni Miniello, ai domiciliari dal 30 novembre scorso per violenza sessuale aggravata nei confronti di due pazienti.
Al professionista la Procura di Bari contesta in tutto 29 episodi di violenza sessuale e lesioni aggravate commessi nei confronti di 16 pazienti donne, rispetto alle 4 inizialmente identificate. Per cristallizzarne le dichiarazioni, la Procura ha chiesto un incidente probatorio. Le nuove denunce, presentate in procura da altre donne dopo l’arresto di Miniello, ripercorrono in sostanza le stesse modalità con cui il professionista avrebbe operato e contenute nell’ordinanza di custodia cautelare.
Emergono però altre circostanze che la Procura ritiene importanti per sostenere la esigenze cautelari. Nell’indagine dei carabinieri, coordinata dal procuratore Roberto Rossi con l’aggiunto Giuseppe Maralfa e le sostitute Grazia Errede e Larissa Catella, il medico è accusato di aver proposto rapporti sessuali come cura per il papillomavirus e per prevenire il tumore dell’utero e di aver poi abusato delle pazienti durante le visite.
La vicenda è emersa da un servizio mandato in onda nell’autunno scorso dalla trasmissione “Le Iene”. Dopo il servizio in Procura sono arrivate numerose denunce. I fatti denunciati e ora formalmente contestati in imputazioni a carico del ginecologo vanno dal 2010 al giugno 2021. In alcuni casi le presunte vittime sono studentesse universitarie di medicina delle quali il medico avrebbe abusato quando era docente della scuola di specializzazione in ginecologia al Policlinico di Bari.
Ma non solo. In un caso, in particolare, avrebbe provocato ad una giovane donna un “disturbo da stress post traumatico con espressione ritardata”, ritenuto dai medici lesioni di tipo cronico (quindi con durata superiore ai 40 giorni). Alla ragazza, abusando del fatto di essere il ginecologo suo e di sua madre da 15 anni, le avrebbe prospettato il rischio elevatissimo di aver contratto l’hpv in occasione di rapporti con il proprio partner già affetto dalla stessa infezione. E l’avrebbe terrorizzata dicendo che poteva contrarre un tumore a bocca, vagina e retto, anche in conseguenza della predisposizione a malattie oncologiche, avendo in famiglia altre persone con lo stesso grave problema. La soluzione, anche in questo caso, sarebbe stato il trattamento salvavita di “bonifica”. Ci avrebbe poi provato, sottoponendola a tutte quelle pratiche sessuali già denunciate dalle altre ex pazienti, che nulla avevano a che fare con la terapia per il papilloma virus e che avrebbe cercato di concludere con un rapporto sessuale completo. Questa e le altre 15 testimonianze potrebbero quindi essere acquisite con la formula dell’incidente probatorio, che serve a fissare tutti gli atti nell’eventuale processo a carico del ginecologo barese.