Migranti a Brindisi: Fatou, 15 anni, scappato dal Gambia e torturato in Libia ora sogna una famiglia italiana

Tra i 168 migranti sbarcati oggi a Brindisi, c’era anche Fatou, 15 anni, originario del Gambia da dove è già fuggito due volte. Da solo, perché non ha più nessuno, ha perso tutta la sua famiglia.

Fatou, dopo aver fallito il primo tentativo ed essere stato torturato in Libia, è riuscito a fuggire una seconda volta ed è stato soccorso e salvato dalla Geo Barents, la nave dell’ong Medici senza frontiere, che stamattina è arrivata in porto a Brindisi. Una volta al sicuro, Fatou ha detto quello che aveva nel cuore da tempo: «Sogno di essere adottato da una famiglia italiana».

A raccontare la storia del 15enne è Fulvia Conte, coordinatrice Sar a bordo della Geo Barents, dove hanno trovato riparo le 168 persone soccorse al largo delle coste libiche nei giorni scorsi mentre erano in difficoltà tra le onde su due gommoni. Di loro 117 sono minorenni, 110 dei quali soli.

Sono «tantissimi, tra 14 e 17 anni, alcuni e alcune anche di 12-13 anni – ricorda Fulvia – poi ci sono bimbi molto piccoli che viaggiavano con le loro mamme: uno di loro ha pochi mesi».

Le loro storie sono un insieme di ostinazione e disperazione. Fatou, riferisce Fulvia, la prima volta è stato «respinto dalla guardia costiera libica in mare e dopo aver già lanciato l’allarme, quindi con le autorità informate. Ma è arrivata purtroppo prima la guardia costiera libica. Lo hanno portato nei centri di detenzione – spiega – dove non avendo soldi per pagarsi un altro viaggio è stato torturato, costretto ai lavori forzati e gli hanno rotto un braccio. Poi è finalmente riuscito a racimolare soldi per pagarsi il viaggio ed è stato soccorso dalla Geo Barents. È molto tenero perché dice che il suo sogno è quello di essere adottato da una famiglia italiana».

L’aumento degli arrivi di minori non accompagnati non è facile da spiegare. Fulvia evidenzia che «le cause di questa dinamica sono molto complesse» e fa notare che «il momento della fuga è molto difficile e costoso: ci raccontano che le famiglie cercano di permettere al membro più giovane, con più speranze di vita, di partire». Il vero problema, evidenzia Fulvia, «è che si continua ad affrontare il fenomeno migratorio dopo anni e anni come una emergenza» e questo «è un approccio fallimentare».

«Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina – conclude – le cose sono state gestite in maniera diversa nonostante quella sì fosse una emergenza. Ci sono persone di serie a e di serie b».

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