In Italia l’ammontare delle tasse e dei contributi evasi supera gli 83 miliardi e 600 milioni di euro. E a questo poco lusinghiero risultato contribuiscono la Puglia e la Basilicata, dove nelle tasche dei furbetti restano rispettivamente quasi 5,5 miliardi e 777 milioni di euro. Negli ultimi tempi, però, le somme sottratte agli evasori sono aumentate di quattro miliardi e mezzo, mentre gli arrestati per violazioni penali di natura tributaria sono sensibilmente diminuiti. Segno che la lotta all’infedeltà fiscale produce risultati positivi anche senza che la libertà delle persone sia sacrificata.
Lo scenario emerge dal dossier stilato dalla Cgia di Mestre che ha analizzato e incrociato i dati forniti da Istat e Ministero delle Finanze. Numeri alla mano, l’Italia si conferma il “regno dei furbetti”. L’evasione si attesta all’11,2%: significa che, per 100 euro incassati dall’erario, 11,2 restano indebitamente nelle tasche dei frodatori. Questo valore è addirittura più alto nel Mezzogiorno, dove l’evasione è al 16,5% e sottrae al fisco quasi 27 miliardi e mezzo. Dati più contenuti tra Centro, Nord-Ovest e Nord-Est, dove si oscilla tra gli 11,7 e gli 8,8 punti.
Non deve meravigliare, dunque, che le regioni del Sud (più l’Abruzzo) occupino i primi otto posti della classifica dei territori dove gli evasori sottraggono alle casse dell’erario la maggiore quantità di imposte. La Calabria è prima, con un’infedeltà fiscale del 18,4% e oltre due miliardi e mezzo negati alle casse dello Stato, seguita dalla Campania e dalla Puglia. A Bari e dintorni, il fenomeno si attesta al 16,8% e fa sì che allo Stato siano negati quasi cinque miliardi e mezzo. Rispetto alla Calabria, dunque, la Puglia conta meno evasori, ma le somme non versate sono ben più consistenti. In graduatoria non “sfigura” nemmeno la Basilicata, il cui tasso di infedeltà fiscale tocca il 13,4% e le tasse non pagate raggiungono quota 777 milioni.
Fin qui le cattive notizie. Quella buona, invece, riguarda la cifra che lo Stato riesce a recuperare. Dal 2022 al 2023, infatti, quella somma è aumentata da 20,2 a 24,7 miliardi di euro. Come si è riusciti a centrare questo risultato? Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, determinanti si sono rivelati l’applicazione della compliance, l’introduzione della fatturazione elettronica e dell’obbligo dell’invio telematico dei corrispettivi, ma anche gli effetti dello split payment in capo a chi lavora con la pubblica amministrazione e del reverse charge per le aziende attive nel settore delle costruzioni. Insomma, la tecnologia ha offerto e continua a offrire un enorme contributo alla lotta all’evasione fiscale.
Molto più del carcere, strumento al quale in Italia si fa sistematicamente ricorso per fronteggiare qualsiasi tipo di problema sociale. L’aumento della somma complessivamente recuperata dal fisco coincide, infatti, col calo del numero delle persone arrestate per violazioni penali di natura tributaria. Stando ai dati forniti dalla Corte dei conti, nel 2016 si è registrato il numero minimo di arresti eseguiti dalla Guardia di finanza, cioè 99, in tutta Italia. Da quel momento, le persone finite in manette sono aumentate fino al picco di 411 segnato nel 2021. Nel 2022, però, si è verificato un vero e proprio crollo, con gli arresti che sono scesi a quota 290, a fronte di un forte incremento delle entrate legate alla lotta all’evasione fiscale che sono passate da 13,8 a 20,2 miliardi. In altre parole, il carcere serve a poco: per stanare i furbetti bisogna studiare e applicare strategie diverse rispetto al solito rimedio della detenzione.