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Maxi-frode da 60 mln nella grande distribuzione: “dominus” l’amministratore della Soa

Come una collana di anelli che, sfilato l’ultimo, rende difficile la chiusura del cerchio. E che permetteva, grazie ad un meccanismo fraudolento, di aggiudicarsi a prezzi competitivi grosse commesse, evadere le tasse e alimentare il mercato del lavoro nero, negando i diritti ad un migliaio di dipendenti. La maxi frode scoperta dai finanzieri del Nucleo…

Come una collana di anelli che, sfilato l’ultimo, rende difficile la chiusura del cerchio. E che permetteva, grazie ad un meccanismo fraudolento, di aggiudicarsi a prezzi competitivi grosse commesse, evadere le tasse e alimentare il mercato del lavoro nero, negando i diritti ad un migliaio di dipendenti.

La maxi frode scoperta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del Comando provinciale di Bari conduce però direttamente a un importante consorzio italiano, Soa, attivo nel settore della logistica e dei trasporti, a metà nella catena della grande distribuzione, tra importanti realtà e piccole, fittizie cooperative.

Dominus del sistema collaudato era, secondo le indagini coordinate dai sostituti procuratori Desirée Digeronimo e Lanfranco Marazia, l’amministratore di Soa, Oronzo Angiulli (considerato dalla Procura amministratore di fatto anche delle altre cooperative).

Nell’inchiesta, che ha portato al sequestro preventivo di 60 milioni di euro, sono indagati anche i rappresentanti legali delle tre cooperative (per una se ne sono succeduti due): a capo della Lexlab, c’era Gabriela Selcuk, della Mida, Donato Raspatelli e Marco Bellini e della Agon, Vanna Ruggeri.

A loro sono contestati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento dell’Iva, fatti relativi agli anni tra il 2016 e il 2021.

Come ricostruito dagli inquirenti, la Soa (la “società filtro”), dopo aver ricevuto alcuni lavori in appalto da marchi importanti della grande distribuzione (come Apulia Distribuzione, Megamark e Migro), li avrebbe poi subappaltati alle cooperative, usate come “società serbatoio”, di fatto amministrate dallo stesso Angiulli, ma formalmente da soggetti, vere e proprie “teste di legno”.

E gli stessi dipendenti, sulla carta assunti dalle cooperative, sarebbero stati invece lavoratori della Soa. Le cooperative avrebbero emesso fatture alla Soa “corrispondenti ai costi relativi al personale”, accumulando nel frattempo “ingenti debiti Iva sistematicamente non versati all’amministrazione finanziaria”.

La Soa, attraverso i “simulati contratti di subappalto (in realtà somministrazioni irregolari di manodopera)”, avrebbe maturato “un indebito credito Iva utilizzato per compensare in tutto o in parte il debito Iva generato dalle fatture attive emesse nei confronti delle società committenti”. E il cerchio, chiudendosi, avrebbe portato guadagni alla Soa, lasciando a mani vuote, però, lo Stato e gli stessi lavoratori.

Per il gip che ha firmato il decreto di sequestro, Giuseppe Montemurro, “le società cooperative coinvolte nella vicenda sono state costituite e strumentalmente utilizzate come ‘bad companies’, sulle quali far confluire ingenti debiti Iva”, nella consapevolezza che si sarebbero “impunemente sottratte al pagamento di quei debiti Iva. Le società cooperative – si legge ancora nel decreto – utilizzano le strutture e i mezzi del consorzio per la gestione del personale e l’esecuzione dei servizi”.

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