È stata condannata a sette anni di carcere la 30enne accusata di maltrattamenti aggravati (insulti e minacce) ai danni del marito, un 34enne del Barese che il 10 aprile 2024 si tolse la vita. Questa la decisione del gup del Tribunale di Bari, Vittorio Rinaldi. La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato.
Il giudice ha escluso, come chiesto anche dalla Procura che aveva invocato una condanna a quattro anni di reclusione, l’aggravante della morte come conseguenza dei maltrattamenti, ma ha riconosciuto l’aggravante dell’aver commesso il fatto in presenza di minori. L’imputata è stata condannata anche a risarcire i genitori della vittima (suoi ex suoceri), costituiti parte civile con gli avvocati Giovanni Ladisi e Fabio Bagnulo, con provvisionali di 30mila euro ciascuno e altri 40mila euro per la figlia minorenne. La difesa della 30enne, rappresentata dall’avvocato Lorenzo Vendola, annuncia appello.
La donna, di nazionalità egiziana, e suo marito, si erano conosciuti a Sharm el Sheikh, si erano sposati nel 2019 al Cairo e si erano poi trasferiti in Puglia. I maltrattamenti sarebbero iniziati nel 2021, dopo la nascita della figlia. La donna, come si legge nel capo d’imputazione, avrebbe chiesto al marito soldi, una casa più grande, il trasferimento a Bari dalla città di provincia dove abitavano e l’avrebbe minacciato ripetutamente di scappare in Egitto con la figlia e di non fargliela più vedere.
Lo avrebbe inoltre insultato via messaggi e avrebbe trascorso periodi sempre più lunghi all’estero. In questo modo, secondo l’accusa, avrebbe causato all’uomo «uno stato di profonda prostrazione psichica e di terrore di non poter più vedere la figlia minore».