Mafia a Bari, un carabiniere organico alle attività dei clan e l’affare delle luminarie

Non solo un finanziere tra i fiancheggiatori, in divisa, dell’attività illecita di Giacomo Olivieri e dei clan coinvolti nell’inchiesta “Codice Interno”. Nelle oltre mille pagine che compongono la richiesta di misura cautelare, tra intercettazioni e racconto di pentiti, spunta anche un carabiniere barese, con ruolo investigativo, presente a incontri malavitosi e organico al clan Di Cosola.

Secondo quanto riferito agli inquirenti da due collaboratori di giustizia, Domenico Masciopinto (nipote del capoclan Di Cosola) e Domenico Milella (l’ex braccio destro di Eugenio Palermiti), il “carabiniere Nicola” conosciuto con un soprannome, sarebbe stato presente a un episodio di estorsione nei confronti di un affiliato a Giuseppe Sciancalepore, a sua volta affiliato a Savino Parisi, in una tipica scala gerarchica normata da regole e rituali mafiosi.

Il carabiniere avrebbe avuto il ruolo, in quell’occasione, di testimoniare quello che stava accadendo, la dazione di 50mila euro, filmando il tutto con il telefonino. «Pinuccio dice che disse: “No, è un amico, non fa niente che sta là – spiega Masciopinto – Non ci fare caso”, sì, disse».

Amicizie e appoggi che sarebbero stati sfruttati, come emerge dal racconto dei pentiti, anche durante la detenzione domiciliare. Lo evidenziano i pm antimafia nella richiesta di arresto: “Tra gli anni 2018 e 2021, l’associazione oggetto d’indagine ha subito un depotenziamento con l’esecuzione di alcune ordinanze custodiali”, dagli arresti del dicembre 2018 per i fatti avvenuti al quartiere Madonnella, a quelli di ottobre 2019, per gli omicidi della faida al quartiere Japigia, ma anche per l’agguato ai fratelli Rafaschieri.

“L’esecuzione dei provvedimenti cautelari però, seppur depotenziando l’apparato logistico criminale dell’associazione – scrivono – di fatto non ne ha disarticolato la struttura organizzativa, in quanto, dopo un brevissimo periodo di carcerazione, gran parte dei sodali arrestati, ha chiesto ed ottenuto, l’attenuazione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, misura quasi per tutti autorizzata nel territorio di appartenenza, quartiere Japigia e zone limitrofe, che come dimostrato dalla presente indagine, appare una misura cautelare inadeguata”.

Le indagini, condotte dagli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal dirigente Filippo Portoghese, hanno evidenziato anche un altro aspetto, che viene approfondito a parte, e cioè la capacità di un affiliato del clan Parisi, il 47enne Giovanni Mastrorilli di penetrare il tessuto economico imprenditoriale della città.

L’uomo risulta “alle dipendenze di Gianfranco Paulicelli, legale rappresentante della Paulicelli Gianfranco srl, nel settore delle luminarie natalizie, grazie alle sue conoscenze sul territorio, in particolare nel quartiere Japigia di Bari, e alla verosimile – ma non compiutamente dimostrata – imposizione della loro installazione presso esercizi commerciali”. Si tratta di elementi che, a parere degli inquirenti, confermano l’elevato potere delle organizzazioni criminali del territorio barese, e in particolare del rione Japigia, di penetrare il tessuto sano della città, come dimostra anche il fatto che ben quattro persone vicine al clan siano state assunte, per un breve tempo, all’interno della Municipalizzata Amtab (poi sospese dopo lo scandalo).

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