Mafia a Bari, il piano di Olivieri per disfarsi del candidato: «Se fa casini lo faremo sparare a Japigia»

La definiscono “una personalità criminogena”, quella di Giacomo Olivieri, per tutto quello che emerge dalle indagini della Squadra Mobile della Questura di Bari.

I pm della Direzione antimafia di Bari lo desumono da diversi fattori, poi confluiti nella richiesta di arresto dell’ex assessore regionale, in carcere dal 26 febbraio per voto di scambio politico-mafioso ed estorsione. Lo deducono dal complicato meccanismo di intestazione di beni, dalla capacità di spostare denaro da una società ad un’altra, ma anche e soprattutto dalla contiguità con ambienti criminali baresi, strumento importante per garantire l’elezione di sua moglie Maria Carmen Lorusso.

“Olivieri – si legge nell’informativa della Squadra Mobile – oltre alla sua attività legale, ha manifestato una spiccata propensione per gli affari, sia nel settore imprenditoriale che in quello immobiliare”.

Per gli investigatori, Giacomo Olivieri ha capacità di stingere accordi con i clan, ai quali, a quanto emerge dalle intercettazioni, si sente particolarmente vicino. E a supporto della teoria, citano una chiacchierata con uno dei soggetti che ha curato la campagna elettorale a sindaco di Pasquale Di Rella.

È il 18 maggio 2019, ai seggi manca ancora una settimana e Olivieri continua a gestire rapporti proficui, puntando a eliminare chi può essere fonte di problemi per l’elezione di sua moglie. Il problema, questa volta, è un candidato nella loro lista alla carica di consigliere comunale, un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato.

Rocco: «Ma poi io un altra… una persona la voglio mettere vicino a (cit.) perché questo, se non lo seguiamo, a parte che dopo sarà più complicato da gestire .. Però soprattutto dobbiamo stare attenti che faccia Lorusso-(cit.)».

G.: «Sì, ma, cioè… (incomprensibile) cinquanta voti, (incomprensibile) non ce ne fotte di meno…».

R.: «Ma tu lo sai che quello ci fa i casini, vero?».

G.: «A chi? A me?».

R.: «A tutti noi».

G.: «A voi? E perché a voi?».

R.: «Questo è pazzo».

G.: «A me e… e lo faccio trasferire a Milano!».

R.: «Giacomo, questo è psicopatico! Cioè… (incomprensibile)».

G.: «E lo spareremo! Lo faremo ‘auandare’, lo faremo sparare a Japigia… poi faccio qualcosa che… lo… lo (incomprensibile) io!».

Ma Olivieri si sarebbe fatto supportare, nei suoi movimenti per eludere il Fisco, da uno specialista. In una conversazione del luglio 2019, Olivieri affronta argomenti connessi ad una sua posizione debitoria con il fisco per la quale ha ricevuto un avviso bonario di pagamento.

Si percepisce chiaramente che le pendenze fiscali oggetto del dialogo attengono alle annualità 2014 e 2015 e riguardano tributi non versati connessi alle Imposte Dirette e all’IVA: «C’è soltanto questo Unico 2015 per l’anno 2014 parliamo di 425 mila euro… che bisogna capire a che si riferiscono». La verifica della guardia di finanza viene così commentata: «Alla fine abbiamo semplicemente fatto arrivavano le fatture, io fatturavo e buttava dentro, mentre io avrei preferito, poi è venuta lo stesso la verifica fiscale della Finanza, per tre anni, non ha trovato un cazzo, perché era tutto perfetto… la verifica fiscale chiaramente per motivi politici. Però, ti ripeto, avrei preferito fare un po’ più di evasione e far sparire qualcosa consigliato come farla bene come faccio».

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