L’operazione Kant e i fondi: i rapporti tra Fusillo e Banca popolare di Bari

Con la testimonianza in aula del superconsulente della Procura, Massimiliano Cassano, si è aperto ieri il processo a 14 persone (Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale della Popolare di Bari, otto imprenditori e altri ex dirigenti dell’istituto di credito, tra i quali l’ex ad Giorgio Papa), imputate nel processo sul crac delle società Fimco e Maiora del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci. I reati sono quelli di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio.

In base alle indagini della guardia di finanza, coordinate dal procuratore Roberto Rossi e dal sostituto Lanfranco Marazia, gli imprenditori, con la complicità dei vertici della banca, avrebbero dissipato i beni aziendali con cessioni di quote e immobili per almeno 93 milioni di euro fino al 2019 e accumulato debiti stimati in circa 430 milioni di euro.

Nelle scorse udienze, la stessa banca è responsabile civile. Lo ha stabilito il tribunale di Bari, presieduto da Rosa Calia Di Pinto, andando così in controtendenza (con una decisione, di fatto, opposta) verso l’altro collegio dello stesso tribunale, chiamato a pronunciarsi sulla medesima questione nel processo agli ex amministratori della banca.

Nella lunga testimonianza, ieri in aula il commercialista Cassano ha illustrato i risultati della perizia, tra cui la cosiddetta “operazione Kant” e i finanziamenti incrociati. Si è parlato anche di una mail, allegata agli atti della relazione, del febbraio 2017, nella quale Nicola Loperfido scriveva a Fusillo: “Il piano di Kant va approfondito non poco perché fa emergere quanto sospettato”. Un Fondo, secondo l’accusa, creato per trasferire le partecipazioni del gruppo Fusillo.

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