L’ex procuratore capo di Trani e Taranto, Carlo Maria Capristo, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione (pena sospesa), e al pagamento delle spese processuali, per tentata induzione indebita e falso ideologico. Per un’altra serie di accuse relative a quest’ultimo reato, è stato assolto “perché il fatto non sussiste”.
La sentenza di primo grado del processo a carico del magistrato è stata emessa dalla sezione penale del Tribunale di Potenza presieduta da Rosario Baglioni.
Capristo è coinvolto in una vicenda che riguardava un suo presunto tentativo di induzione verso la pm Silvia Curione per agevolare tre imprenditori di Bitonto, Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, attraverso il suo autista (poi uscito dal processo con patteggiamento e condanna a due anni).
I fratelli Mancazzo sono stati condannati ciascuno a due anni di reclusione (pena sospesa) e al pagamento delle spese processuali.
«Questa sentenza sarà riformata – ha commentato il legale di Capistro, l’avvocata Angela Pignatari – perché siamo convinti che sarà data una lettura diversa degli atti oggetto del processo. Capristo è persona onesta e perbene e che non ha commesso i fatti per come sono stati inquadrati dal tribunale. Faremo appello».
L’indagine era partita dalla denuncia di Curione: il procuratore che era subentrato a Capristo (nel frattempo trasferito a Taranto), Antonino Di Maio, aveva chiesto l’archiviazione, rigettata dal gip di Trani.
Il fascicolo venne avocato dall’allora pg di Bari, Annamaria Tosto, e trasferito a Potenza. Il pubblico ministero, Anna Gloria Piccininni, e il procuratore capo, Francesco Curcio, lo scorso 18 ottobre avevano chiesto al Tribunale la condanna di Capristo a sei anni di reclusione.