L’ergastolo a De Marco lascia l’amaro in bocca: «È un dolore che non avrà mai fine»

Il silenzio sordo, impassibile a un verdetto scontato. La sospensione di istanti vuoti, non colmati dalla soddisfazione per la sentenza appena letta. Ergastolo per il 23enne Antonio Giovanni De Marco, colpevole di aver ucciso brutalmente Eleonora Manta, trentenne, e Daniele De Santis, di trentatrè anni, i fidanzatini che avevano cominciato a coabitare in via Montello, a Lecce. Ammazzati con 79 coltellate la sera del 21 settembre di due anni fa.

Nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, a pochi chilometri dal capoluogo salentino, è risuonata non troppo liberatoria la sentenza letta ieri mattina dal presidente della Corte d’assise, Pietro Baffa, dopo due ore e quaranta minuti circa di camera di consiglio. Ergastolo, come richiesto dal pubblico ministero Maria Consolata Moschettini. Il silenzio. Poi il pianto della mamma di Eleonora. Seduta, le mani sul volto. Se ne è andata camminando come ipnotizzata, sorretta da una parente, a tratti da qualche avvocato. De Marco è stato condannato a pagare una provvisionale di centomila euro per ciascuna delle parti civili.

Nonché al pagamento di 7.020 euro ciascuno in favore dei difensori di Rosanna Carpentieri, Luce Apollonio e Cosimo Carpentieri, rispettivamente mamma, nonna e zio di Eleonora, e a beneficio del Centro internazionale dei diritti umani. De Marco, anche ieri assente in aula, è stato condannato anche a borsare 10.494 per i legali di Floreana Rita Rossi e Fernando De Santis, i genitori di Daniele, e per le spese processuali di Valentina e Antonella De Santis, sorelle del giovane ucciso. Imposto il pagamento di 2.340 per la difesa di Quintino Marco Manta, padre di Eleonora; soldi, questi, che saranno versati all’Erario, poiché tale parte civile era difesa a spese dello Stato. De Marco dovrà pagarsi il mantenimento in carcere. Ma nei suoi confronti non è stato disposto l’isolamento diurno per un anno, chiesto dalla pm.

Cala il sipario su un delitto mosso dalla gelosia per l’altrui felicità. Pianificato dettagliatamente. Cinque bigliettini, poi persi per strada, su cui era appuntato il diabolico programma. Zainetto in spalla, dentro al quale c’erano fascette stringitubo, per immobilizzare la coppia, e la candeggina, per cancellare le tracce delle uccisioni. L’irruzione nella casa in cui aveva abitato coi due malcapitati. Possedeva ancora le chiavi di quell’appartamento. La mattanza. Le urla strazianti che giungevano dalle scale del condominio, tali da indurre alcune persone ad allertare le forze dell’ordine. Poi il ritorno a casa, travisato da una felpa con cappuccio. Incastrato dalle telecamere di sorveglianza dislocate lungo il tragitto compreso fra casa sua e via Montello e dal diario su cui il giovane originario di Casarano, aspirante infermiere professionale, aveva annotato la propria disperazione di non essere fidanzato. Non gli ha giovato l’ipotesi dell’infermità mentale, poiché i periti tecnici della magistratura lo hanno ritenuto capace di intendere e di volere.

«Un narcisista maligno, pronto ad eliminare ciò che non riesce a tollerare» lo aveva definito la criminologa Roberta Bruzzone, consulente nominata dal papà di Eleonora, quindi «un potenziale serial killer». Sul quale non si sono più espressi, all’inizio dell’udienza, avvocati e pubblico ministero.

Subito dunque la camera di consiglio, con la giudice a latere Francesca Mariano e i giudici popolari. Una componente della giuria, ma supplente, è stata sostituita poiché poco prima dell’udienza si era fatta intervistare da un’emittente televisiva locale. Verdetto previsto. Non ipotizzabile indulgenza verso De Marco. «Non c’è stato pentimento da parte del carnefice, figuriamoci ora perdonarlo: mi sembra esagerato chiedere questo – ha commentato Mario Fazzini, avvocato della famiglia De Santis -. È un dolore che non ha termine».

Amareggiata, nonostante la sentenza, l’avvocata Renata Minafra, che ha difeso le sorelle di Daniele: «Non sono riuscita a provare soddisfazione: pensavo che sentendo la parola “ergastolo” mi sarei sentita diversa, e invece no». E dunque: «È una sconfitta per tutti».

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